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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05122015-102542


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
FUMAGALLI, GIORDANO
URN
etd-05122015-102542
Titolo
Sopravvivenza e complicanze degli accessi vascolari nativi e protesici per emodialisi: esperienza decennale in un singolo centro
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
NEFROLOGIA
Relatori
relatore Prof. Donadio, Carlo
relatore Prof. Panichi, Vincenzo
Parole chiave
  • fistole protesiche
  • fistole native
  • emodialisi
  • CVC
  • accessi vascolari
Data inizio appello
05/06/2015
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
05/06/2085
Riassunto
INTRODUZIONE La fistola artero-venosa nativa (FAV) è considerata il gold standard tra gli accessi vascolari (AV) per emodialisi, in termini di pervietà, mortalità e complicanze. Recenti evidenze suggeriscono come il graft artero-venoso (GAV), specie in alcuni pazienti, non sia inferiore alla FAV, per mortalità e sopravvivenza cumulativa dell'AV.
MATERIALI E METODI Studio retrospettivo monocentrico su pazienti incidenti e prevalenti, sottoposti al confezionamento di un AV, nativo o protesico, nel periodo compreso tra l'1 gennaio 2001 e il 31 dicembre 2012. La valutazione pre-operatoria e tutte le procedure chirurgiche sono state eseguite da tre nefrologi della U.O.C. Gli outcome considerati sono stati: la pervietà primaria (PP), la pervietà secondaria (PS), i fallimenti primari (FP), la dipendenza da CVC, l'incidenza delle complicanze e l'incidenza degli interventi di revisione (eventi per anno per paziente, per a*pz).
RISULTATI Sono stati analizzati 366 AV (305 FAV e 61 GAV) in 270 pazienti, con età media di 64,8 ± 14,7 anni. L'utilizzo del sito anatomico distale si è osservato nell'81,4% delle FAV dei pazienti incidenti e nel 73,4% del totale degli AV nativi. Al termine del follow-up, gli AV in uso tra i pazienti prevalenti sono risultati: nel 70% FAV, nel 14% GAV e nel 16% CVC. Il ricorso al catetere, all'inizio della terapia dialitica, si è osservato in un terzo dei pazienti, indipendentemente dal tipo di AV (30,9% nelle FAV vs 36% nei GAV, P = 0,77). I FP sono stati 3 volte più frequenti nelle FAV (14,4% vs 4,9%, P = 0,07), tuttavia la loro PP è risultata significativamente superiore a quella dei GAV, sia includendo che escludendo i FP. La PS non ha differito significativamente (sopravvivenza mediana 57,3 vs 34,8 mesi, P = 0,36), se non dopo aver escluso i FP (sopravvivenza mediana 70,9 vs 34,9 mesi, P = 0,03). L'incidenza delle complicanze e l'incidenza delle revisioni sono risultate entrambe più elevate nei GAV, mentre la dipendenza da CVC è stata inferiore: 0,988 vs 0,186 complicanze per a*pz (P < 0,001); 0,743 vs 0,066 interventi per a*pz (P < 0,001); 32 (27,8 – 38,3) vs 58 (39 – 84,5) giorni (P < 0,001). La presenza, infine, del CVC è emersa come predittore indipendente di minor sopravvivenza primaria degli AV (HR 1,48, 95% CI 1,02 – 2,15).
CONCLUSIONI Le FAV sono risultate maggiormente soggette ai FP, la loro PP è risultata costantemente superiore a quella degli accessi protesici, mentre la PS è risultata significativamente maggiore, solo dopo l'esclusione dei FP. I GAV, pur avendo minimizzato la dipendenza da CVC, sono stati più soggetti alle complicanze e hanno necessitato di un maggior numero di interventi per il mantenimento della pervietà. L'utilizzo meno restrittivo del GAV, specie in alcune categorie di pazienti, e il diretto coinvolgimento del nefrologo, sia nella valutazione pre-operatoria che nella creazione dell'AV, hanno complessivamente permesso un'ottimizzazione nella scelta del tipo di accesso, come mostrato dal modesto ricorso al cateterismo venoso, dall'elevato impiego della FAV e del sito anatomico distale e dal ridotto numero di fallimenti primari.
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