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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05052019-152013


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
LENCI, FEDERICA
URN
etd-05052019-152013
Titolo
Terapia del carcinoma tiroideo con inibitori delle tirosin chinasi: efficacia clinica e profilo di tollerabilità del Lenvatinib in un gruppo di pazienti affetti da carcinoma radioiodio-refrattario
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
FARMACIA
Relatori
relatore Prof. Volterrani, Duccio
relatore Prof.ssa Martelli, Alma
Parole chiave
  • thyroid
  • thyroid cancer
  • radioiodio refrattario
  • radioiodine refractory
  • lenvatinib
  • tiroide
  • inibitori tirosin chinasi
  • carcinoma tiroideo
  • tirosin kinase inhibitors
Data inizio appello
29/05/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
29/05/2089
Riassunto
Il carcinoma della tiroide è la più comune neoplasia maligna del sistema endocrino, rappresentando lo 0,6% di tutti i carcinomi nel sesso maschile e l’1,8% nel sesso femminile. La prevalenza di patologia maligna nei noduli tiroidei è di circa il 5%.
Il cancro della tiroide è responsabile di 567.000 casi in tutto il mondo, classificandosi al nono posto per incidenza. Il tasso di incidenza globale nelle donne di 10,2 per 100.000 è 3 volte maggiore rispetto agli uomini; la malattia rappresenta il 5,1% del totale stimato del carico oncologico femminile, o 1 su 20 diagnosi di cancro nel 2018. I tassi di mortalità per malattia sono molto più bassi, con tassi da 0,4 a 0,5 negli uomini e nelle donne e circa 41.000 morti.
La classificazione delle neoplasie tiroidee si basa sulla loro origine cellulare; pertanto, si distinguono neoplasie epiteliali, non epiteliali, e forme secondarie. I tumori epiteliali derivano dalle cellule follicolari o da quelle neuroendocrine parafollicolari. I tumori maligni derivati dall’epitelio follicolare della tiroide sono classificati in: carcinomi differenziati (carcinoma papillare e follicolare, che rappresentano l’80-85% di tutti i carcinomi tiroidei), carcinomi scarsamente differenziati (PDTC), e tumori anaplastici.
Il carcinoma della tiroide differenziato (DTC) rappresenta il 90% di tutti i tumori della tiroide, gli istotipi più frequenti sono il carcinoma papillare (80%) (PTC) e follicolare (15%) (FTC). DTC rappresenta lo 0,3 % delle morti da patologia neoplastica. Tuttavia, circa il 10% delle neoplasie tiroidee può avere una pessima prognosi con diffusione loco-regionale e metastasi a distanza, aggravando seriamente la qualità di vita dei soggetti affetti fino alla morte. I più importanti fattori prognostici sono l’età avanzata e lo stadio della neoplasia alla diagnosi.
Il trattamento convenzionale per DTC è rappresentato dall’intervento chirurgico e successivamente terapia con radioiodio (131I-ioduro). Tra i pazienti con patologia metastatica alla diagnosi, che rappresentano il 5% di tutti i DTC, circa il 25% può essere curato definitivamente con il trattamento a base di radioiodio: trattamento sistemico di prima linea, con apprezzabile captazione di 131I-ioduro a livello delle lesioni metastatiche.
Il 45% hanno metastasi che captano lo iodio solo inizialmente e non raggiungeranno mai la cura definitiva, il 30% ha metastasi a distanza non captanti 131I-ioduro a partire dal primo trattamento. Questi due ultimi gruppi sono definiti come DTC radioiodio refrattari e insieme ai carcinomi della tiroide scarsamente differenziati (PDTC), rappresentano il 5% di tutti i tumori della tiroide.
L’esposizione a radiazioni ionizzanti, specialmente durante l’infanzia, sembrerebbe aumentare il rischio di sviluppare DTC.
La maggior parte dei tumori della tiroide si presenta come noduli rilevati dal paziente, dal medico durante l’esame obiettivo o con tecniche di imaging del collo eseguite per altre patologie. Una storia di incremento rapido delle dimensioni, dispnea, disfagia, tosse sono rilievi che destano preoccupazione, anche se non specifici di malignità. Una anamnesi familiare positiva per patologia neoplastica della tiroide richiede approfondimenti diagnostici. Durante l’esame obiettivo del collo diversi aspetti sono suggestivi, anche se non del tutto specifici, di carcinoma: nodulo o noduli di grande dimensione o cresciuti rapidamente, fissità, aderenza alle strutture circostanti e presenza di linfoadenopatia. Il trattamento dei DTC è multidisciplinare e coinvolge il chirurgo, l’endocrinologo, il medico nucleare e occasionalmente il radioterapista.
La terapia con radioiodio (131I-ioduro) per eliminare residui microscopici di malattia raggiunge la massima efficacia quando il residuo tiroideo è minimo. La misura della Tg e la scintigrafia total body con radioiodio sono estremamente sensibili nel rilevare ricorrenze o malattia metastatica, ma queste due metodiche sono entrambe più efficaci quando il tessuto tiroideo è stato completamente rimosso.
Le terapie attualmente in uso per il DTC prevedono la resezione chirurgica, eventualmente accompagnata da radioterapia con iodio radioattivo (RAI), insieme ad alte dosi di levotiroxina, e da chemioterapia a base di doxorubicina. Tuttavia, questi trattamenti spesso non sono risolutivi, per questo vengono sostituiti o accompagnati da nuove terapie di tipo farmacologico, che hanno come target diverse proteine chinasi coinvolte in vie di segnalazione cellulare ritrovate mutate nel tumore. A partire dal 2011, FDA ed EMA hanno approvato gli inibitori tirosin-chinasici vandetanib e cabozantinib per la cura del MTC in fase avanzata e sorafenib per il trattamento del DTC, mentre nel 2015 è stato approvato l’inibitore chinasico lenvatinib per la cura di tumori tiroidei in fase avanzata.
Lenvatinib è un inibitore dei recettori tirosin chinasici (RTK) che inibisce in modo selettivo le attività chinasiche dei recettori del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) VEGFR1 (FLT1), VEGFR2 (KDR) e VEGFR3 (FLT4), in aggiunta ad altri RTK correlati ai pathway proangiogenici e oncogenici, inclusi i recettori del fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) FGFR1, 2, 3 e 4, il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF) PDGFRα, KIT e RET.La dose giornaliera raccomandata di lenvatinib è 24 mg (due capsule da 10 mg e una capsula da 4 mg) una volta al giorno. La dose giornaliera deve essere modificata se necessario, secondo il piano di gestione della dose/tossicità. Gli effetti collaterali risultano controllabili con modifiche del dosaggio del farmaco e eventuali terapie specifiche a seconda dell’effetto collaterale riscontrato.
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