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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05022016-094854


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BIANCHI, CLARETTA
URN
etd-05022016-094854
Titolo
Il significato delle metalloproteasi di matrice nell'infezione da Trichinella spp.
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA MOLECOLARE E CELLULARE
Relatori
relatore Prof. Bruschi, Fabrizio
Parole chiave
  • zimografia
  • metalloproteasi
  • trichinellosi
Data inizio appello
23/05/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
La trichinellosi è una zoonosi parassitaria causata dall’ingestione di carne cruda o poco cotta contenente la larva infettiva del genere Trichinella un genere di nematodi di cui si distinguono due Cladi, il Clade 1 delle specie incapsulate ed il Clade 2 al quale appartengono quelle non-incapsulate. Al Clade 1 appartiene Trichinella spiralis, la prima specie scoperta nel 1835. Essa è responsabile del ciclo domestico, legato soprattutto al consumo di carne suina, ma questa specie può infettare molti tipi di animali sia carnivori che onnivori. Il ciclo vitale del verme si svolge all’interno di un singolo ospite. Nella fase enterica l’ospite ingerisce tessuto muscolare striato contenente il parassita all’interno della nurse cell. Nello stomaco la larva si libera dal suo involucro e raggiunge l’intestino tenue dov’è in grado di attraversare attivamente l’epitelio, insediandosi tra la linea epiteliale e la lamina propria. Dopo quattro mute le larve diventano vermi adulti, sessualmente distinti ed una volta fecondate, le femmine rilasciano le larve cosiddette newborn NBL (5° giorno d’infezione), le quali entrano nei vasi linfatici ed ematici. Una volta giunte al cuore entrano nella grande circolazione, a partire dal 6°giorno d’infezione. A questo punto le NBL circolano in tutti gli organi, ma soltanto, nelle fibre muscolari scheletriche riescono ad entrare attivamente, giungendo nel sarcomero, dopo aver perforato il sarcolemma, grazie all’azione di enzimi litici e utilizzando anche uno stiletto, posto all’estremità cefalica. A partire da questo momento la fibra muscolare infettata va incontro ad un processo di trasformazione che la porterà a divenire cellula nutrice (nurse cell). A partire dal 9° giorno di infezione e fino al 20° la larva si accresce senza compiere mute, raggiungendo infine lo stadio di larva L1 cosiddetta muscolare, infettante dal momento che diventa gastroresistente. In T. spiralis, come nelle altre specie incapsulate, il complesso nurse cell-parassita sarà quindi circondato da una capsula di collageno, con la formazione della cisti parassitaria, all’interno della quale il parassita è in grado di sopravvivere anche per anni. Dopo un periodo variabile, il parassita muore e la cisti andrà incontro a calcificazione.
Il parassita provoca una forte risposta infiammatoria sia a livello intestinale che nelle vicinanze del complesso nurse cell-parassita, nel muscolo scheletrico. Questa risposta tuttavia non è sufficiente a eliminare la larva, ma è la causa invece di una miosite.
Alcune delle molecole chiave dell’infiammazione sono le metalloproteasi di matrice implicate in vari processi sia fisiologici che patologici come appunto la risposta infiammatoria, la guarigione dei tessuti e il loro rimodellamento.
Le metalloproteasi di matrice sono una famiglia di endopeptidasi zinco-calcio dipendenti coinvolte nella degradazione della matrice extracellulare e della membrana basale. Lo ione zinco s’inserisce nel sito attivo. Questi enzimi hanno specifiche sequenze dominio: il pro peptide, il domonio catalitico e quello C-terminale di tipo emopexina. La proteina è sintetizzata da vari tipi di cellule (le cellule del sistema immunitario ed endoteliali) e viene secreta nello spazio extracellulare in forma inattiva: zimogeno. E’ necessario un taglio proteolitico per la sua attivazione. Sono stati identificati diversi tipi di metalloproteasi di matrice e sono generalmente distinte in base alla specificità del loro substrato e alla somiglianza della loro sequenza amminoacidica. Le gelatinasi (Gelatinasi A MMP-2 e Gelatinasi B MMP-9) in particolare sono in grado di degradare la gelatina.
Da studi su sieri di topo, infettati con larve muscolari di Trichinella spiralis, si osserva a partire dal 6° giorno d’infezione, momento in cui le NBL entrano nel flusso ematico, un aumento dell’attività delle MMP-9 fino al 14° giorno, quando le larve hanno ormai raggiunto e invaso il tessuto muscolare. Dal 28° giorno d’infezione si osserva un calo dell’attività e al 42° i valori dell’enzima ritornano nella norma. La MMP-9 quindi può essere considerata un attendibile marker d’infiammazione nella trichinellosi sperimentale. Per quanto riguarda le MMP-2 la loro attività inizia ad aumentare dal 14° giorno d’infezione e continua ad aumentare fino al giorno 28° e 42°. Questo trend, diverso rispetto alla gelatinasi B, potrebbe essere spiegato ipotizzando che la MMP-2 sia maggiormente coinvolta nella risposta infiammatoria muscolare che in quella intestinale. Alla luce di questi risultati è stato ipotizzato che le metalloproteasi di matrice osservate potrebbero non provenire soltanto dall’ospite, ma anche dal parassita stesso visto che è stato dimostrato, mediante zimografia su gelatina, la presenza di metalloproteasi nell’ escreto/secreto (E/S) delle larve di Angiostrongylus cantonensis un parassita nematode come T. spiralis. Quindi sono stati condotti degli esperimenti sull’E/S prodotto dalle larve muscolari di Trichinella spiralis con lo scopo di cercare di identificare delle eventuali metalloproteasi. Inoltre l’insorgenza di un focolaio umano di trichinellosi in Garfagnana causato dalla specie Trichinella britovi ci ha permesso di valutare il significato clinico delle gelatinasi nella trichinellosi umana. Tutto questo ha portato l’attenzione sul ruolo e sull’origine delle metalloproteasi di matrice nella trichinellosi scopo dello studio.
Per ottenere l’E/S sono state raccolte, dal muscolo di topo precedentemente infettato con il parassita, le larve muscolari grazie ad una parziale digestione con HCl e pepsina. Le larve, dopo essere state lavate con un buffer, sono state sospese in un mezzo ed incubate per 18 h a 37°C con 10% CO2. Tutto alla fine viene filtrato, concentrato e liofilizzato per la conservazione. Da precedenti studi è emerso infatti che la liofilizzazione non inattiva le metalloproteasi di matrice. L’E/S di T. spiralis è stato saggiato inizialmente grazie alla messa a punto di un metodo in micropiastra per il dosaggio delle proteasi (Enzcheck Gelatinase/Collagenase assay) (EGCA), Questa tecnica si avvale dell’utilizzo di una gelatina, coniugata con fluoresceina, quenchata. Se nel campione sono presenti proteasi, queste staccano il quencher dalla fluoresceina che potrà essere misurata con il fluorimetro. Come controllo positivo è stata usata la collagenasi di Clostridium histolyticum. L’analisi dell’E/S ha mostrato un aumento di attività gelatinolitica rispetto al controllo (solo gelatina) che cresce nel tempo. Utilizzando inoltre degli inibitori come EDTA e leupeptina si assiste ad un calo dell’attività a dimostrazione del fatto che le proteasi all’interno dell’E/S potrebbero essere delle metalloproteasi, cisteina-proteasi o serina-proteasi. Per voler meglio caratterizzare l’attività enzimatica dell’E/S di T. spiralis, riscontrata con l’ EGCA è stata effettuata la sua analisi zimografica. La zimografia è una tecnica elettroforetica in cui il gel di poliacrilamide viene fatto polimerizzare insieme ad un substrato specifico per le proteasi da analizzare, in questo caso gelatina e caseina. Dopo la corsa elettroforetica, i gel vengono prima lavati con un detergente, per togliere l’SDS e permettere la rinaturazione delle proteasi, e poi vengono messi ad incubare a 37 °C overnight con un buffer di refolding. Dopo colorazione e decolorazione si osservano sul gel delle bande bianche che rappresentano l’attività proteolitica degli enzimi. Con appropriati software è possibile misurare quest’attività. Sono stati fatti diversi esperimenti di zimografia cambiando i parametri: la concentrazione di poliacrilamide, la concentrazione e il tipo di substrato, la composizione del buffer di refolding e la durata d’incubazione. Questi esperimenti non hanno riportato dati significativi di attività gelatinolitica e di attività caseinolitica presente nell’E/S di Trichinella. I sieri dei pazienti sono stati analizzati mediante zimografia con gelatina e da questi esperimenti si osserva che quest’ultimi hanno un incremento significativo di attività sia della pro-MMP-9 che della MMP-9/NGAL (Neutrophil gelatinase-associated lipocalin) rispetto ai controlli. Non si osserva un aumento significativo per quanto riguarda la MMP-2. Esperimenti di WB hanno confermato che le bande di proteolisi osservate con la zimografia sono dovute alla gelatinasi B. Il livello sierico della MMP-9 è stato quantificato con il test ELISA ed è stata evidenziata una correlazione significativa fra i valori sierici della gelatinasi ottenuti con le due tecniche. Grazie alle informazioni ottenute dai pazienti è stato possibile osservare che i livelli sierici della MMP-9 sono significativamente aumentati solo in quelle persone che manifestano sintomi quali la diarrea, la mialgia e l’edema facciale. In conclusione gli esperimenti di enz-check gelatinase/collagenase assay hanno evidenziato la presenza di proteasi nei prodotti dell’E/S ed in particolare di quelle con attività gelatinolitica. Le analisi zimografiche con gelatina hanno dimostrato che l’attività gelatinolitica ossevata negli esperimenti di enz-check non è causata dalle gelatinasi o da altre metalloproteasi di matrice, inoltre non si osserva nessuna attività caseinolitica. Quindi possiamo escludere che gli incrementi dei livelli sierici di MMP-9 e MMP-2, riscontrati nei sieri di animali sperimentalmente infettati con T. spiralis siano dovuti ad una produzione di questi enzimi da parte del parassita, confermando l’origine esclusivamente legata alle cellule infiammatorie dell’ospite. La MMP-9 , ma non la MMP-2 aumenta durante la trichinellosi e in particolare la prima ha dimostrato di rappresentare non solo un marker d’infiammazione, come già documentato nella trichinellosi sperimentale, ma anche un attendibile indice di possibile rilevanza clinica. Ulteriori analisi sono necessarie prima che sia possibile introdurre la valutazione di questo parametro nella pratica clinica.
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