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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-04242018-172928


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
LANDI, MARIANGELA
URN
etd-04242018-172928
Titolo
Umani perciò diversi. La "storia naturale dell'uomo" fra 1870 e 1940
Settore scientifico disciplinare
M-FIL/02
Corso di studi
FILOSOFIA
Relatori
tutor Prof. Barsanti, Giulio
correlatore Dott. Barbagli, Fausto
Parole chiave
  • psicologia scientifica
  • École de Florence
  • antropologia pedagogica
  • antropologia integrale
  • antiriduzionismo
  • razzialismo
  • razzismo
Data inizio appello
10/05/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi ricostruisce la storia dell'antropologia italiana nel contesto europeo (1870-1940). Partendo dalla nascita della disciplina in Italia con Paolo Mantegazza, titolare del primo insegnamento di Antropologia in Europa, direttore del Museo, fondatore della Società e della sua rivista, si approfondiscono alcune problematiche relative al pensiero e all’operato dell’antropologo e si introducono le grandi questioni trattate nel corso dei tre capitoli. La prima riguarda il rapporto tra l'Antropologia e la Psicologia e, in particolare, l'emancipazione della “Scienza dell'anima” dalla filosofia e il suo ingresso all'interno delle scienze naturali come “Psicologia scientifica”; essa, diversificata in vari rami del sapere, dà luogo a differenti metodi di indagine delle funzioni psichiche dell'uomo e degli animali che favoriscono lo sviluppo di diverse applicazioni pratiche. Attraverso l'analisi dei principali laboratori di psicologia scientifica europei, in cui emergono le svariate tendenze degli antropologi a considerare la psicologia come sperimentale o comparata uomo-animale, si evince l'approccio italiano e mantegazziano antiriduzionistico, comparato e sperimentale, in sintonia con quello spagnolo. La tesi si diffonde sul Museo psicologico creato da Mantegazza (1889) sia per mettere in evidenza che è “unico del suo genere” sia per documentare che la sua perdita, dovuta all'operazione del suo successore che lo ingloba nel Museo di Etnografia Italiana (1906), non va intesa come un “tradimento”: Aldobrandino Mochi non solo intende l'antropologia in senso mantegazziano ma si propone anche di accostare a tale disciplina la Pedagogia, che nel Laboratorio da lui istituito (1901), trova i suoi fondamenti nell'Antropometria, quella scienza che non solo esamina caratteri morfologici, fisiologici e psicologici degli uomini ma tiene anche conto – come da lascito mantegazziano – anche delle grandi variazioni individuali. Dopo aver passato in rassegna i principali laboratori e musei di antropologia pedagogica in Italia e all'estero, la tesi si concentra sul Museo Pedagógico Nacional (Madrid), che viene definito dagli italiani come “modello da imitare” perché “il Museo perfetto”. L'attenzione si sposta quindi sui rapporti finora sconosciuti fra l'antropologia italiana e quella spagnola: si documenta, infatti, che fu “considerevole” l'interesse dai parte dei madrileni per la pedagogia scientifica coltivata in Italia e non solo in campo teorico e metodologico ma anche in ambito legislativo ed istituzionale. Si analizzano i principali manuali italiani e spagnoli, che pur condividendo lo scopo ultimo della pedagogia – l'educazione nazionale – e la necessità di riconsiderare l'importanza dell'igiene, si differenziano per la diversa struttura in cui si articolano le dissertazioni e per il modo con cui vengono affrontati gli argomenti più pregnanti dell'antropologia pedagogica (educazione della donna, degli anormali, dei criminali, delle razze in genere): inaspettato è l'approccio degli antropologi italiani che, pur non rinunciando all'accertamento della variabilità individuale, slittano verso concezioni razziste; ed è inaspettato perché per la Società fiorentina, a partire dalla sua fondazione, l’antropologia e l'etnologia sono intese come “lo studio delle variazioni individuali” dell’Uomo e degli uomini; tale approccio “globale” si percepisce soprattutto attraverso l'analisi dei Musei e delle Riviste sia della “Società Italiana di Antropologia ed Etnologia” sia della “Sociedad Antropológica Española”. Oscillante ed ambiguo è anche il rapporto fra Antropologia ed Etnologia teorizzato dalla Società Romana che, ancor prima dello 'scisma' dalla Società fiorentina, si sbilancia verso l’antropologia fisica. Tale approccio quantitativo, che tralascia l'ampiezza reale della variabilità umana all'interno delle popolazioni per determinare in esse la natura astratta dell'“uomo medio”, influì nel grande dibattito fra monogenisti e poligenisti. L'analisi delle principali classificazioni razziali conduce da un lato ad apprezzare il metodo antropologico “comparativo” che, attraverso la distinzione delle “razze umane”, apprezza la loro bio-diversità; dall'altro, a denunciare il passaggio dalla prospettiva razziale a quella razzista, dalla dichiarazione dell'esistenza delle “razze” alla loro gerarchizzazione in “superiori” ed “inferiori”; operazione che venne condotta anche nei principali manuali di antropologia italiani ed europei. Tale atteggiamento suggerisce che l'approdo degli italiani al razzismo non è improvviso ed inatteso, ma serpeggia nella società fiorentina già a partire con Mochi e culmina con Lidio Cipriani, la cui figura viene radicalmente considerata: se da una parte il naturalista, dichiarando il suo razzismo antinero firma il Manifesto della Razza, dall'altro, affermando il suo antirazzismo antisemita, viene sollevato da tutti i suoi incarichi perché accusato di razzismo “ambiguo, oscillante e pericoloso”.
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