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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04182016-222307


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BARSOTTI, MATTEO
URN
etd-04182016-222307
Titolo
Conflitto di interessi e responsabilità gestoria nella S.r.l.
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE
Relatori
relatore Prof.ssa Calvosa, Lucia
Parole chiave
  • diritto commerciale
Data inizio appello
09/05/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il processo di cambiamento in ambito societario, per la odierna S.r.l., ha avuto inizio con la direttiva contenuta nell’articolo 3 comma 1 lettera a della legge delega del 3 Ottobre 2001 n.366.
I principi cardine della riforma prevedevano la creazione di un autonomo ed organico complesso di norme distinto dal modello delle S.p.A., su cui la s.r.l. era ampiamente se non esclusivamente modellata nel periodo ante-riforma.
Il legislatore delegato ha inteso rafforzare le possibilità di articolazione dell’organizzazione interna affrancando la srl dal modello azionario e optando per contro per un modello sotto più profili flessibile e connotato in senso più
personalistico.
Con il d.lgs. 6/2003 di riforma del diritto societario, entrata in vigore nel 2004, la normativa delle S.r.l. è stata riscritta e revisionata, così da non essere più mutuata alle norme delle S.p.A., venendo allora a rappresentare
quell’autonomo e distinto organico di norme auspicato dalla direttiva del 2001.
Secondo autorevoli interpreti, l’odierna S.r.l. non ha raggiunto il modello sperato: certo si è resa autonoma, ma pur sempre sulla falsariga della disciplina delle S.p.A.
Nelle società per azioni, il socio azionista è spesso un semplice investitore che segue passivamente la vita sociale, mentre nella nuova società a responsabilità limitata i soci sono attivi protagonisti e fautori.
Il risultato raggiunto è che se prima meritava l’appellativo di piccola società per azioni, adesso è un ibrido tra i modelli personalistici e capitalistici, con un’ampia autonomia negoziale che può risolvere molti silenzi e lacune del legislatore, ma non tutti.
Il fine del Legislatore quale era e quale è tuttora?
Da un’analisi del panorama economico e culturale italiano, emerge che la maggior parte delle imprese sono di piccole e medie dimensione; tradizionalmente il modello di company che appartiene alla nostra cultura è caratterizzato da un ristretto numero di soci e lavoratori, spesso anche coincidenti con membri della famiglia.
Le società di persone sono molto comuni nella realtà economica per dimensione e costi, ma come contrappeso sono aggravate dalla responsabilità illimitata con la quale i soci rispondono con il loro patrimonio personale; le società di capitali godono di una responsabilità limitata ma presentano costi maggiori. Così, il legislatore ha cercato di ritagliare una posizione intermedia, da alcuni definita una piccola società di persone a responsabilità limitata. Quindi il legislatore ha dato alla S.r.l. un ruolo centrale nella disciplina societaria, al fine di predisporre un modello finalmente idoneo a rappresentare la realtà economica ricercata.
La grande innovazione della riforma è l’ampia libertà e forse fantasia con cui si può plasmare il sistema di governance, la distribuzione di competenze tra i soci e l’organo amministrativo. Inoltre sono stati introdotti i titoli di debito ed i conferimenti d’opera e servizi così da enfatizzare la natura di elasticità tra il modello corporativo e personalistico.
Con la legge 99/2013 si è introdotto la possibilità di costituire S.r.l. in forma semplificata con capitale sociale in misura inferiore ad euro 10.000, pari almeno ad 1 euro, con conferimenti esclusivamente in denaro.

La società a responsabilità limitata, regolata dagli art. 2462-2483 (35 articoli contro 192 della S.p.A.), appartiene alla famiglia delle società di capitali, nella quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il proprio patrimonio, ma al contrario del modello azionario, le quote di partecipazione non possono essere rappresentate da azioni, né circolare come titoli di credito o formare oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari.
L’attuale normativa permette alle S.r.l. di emettere titoli di debito a determinate condizioni (questi titoli sono funzionalmente assimilabili alle obbligazioni della S.p.A.), permettendo così la raccolta di capitale di prestito e al contempo approntando correttivi a tutela dei risparmiatori (sebbene ad oggi l’istituto sia rimasto un sostanziale fallimento – come anche il conferimento d’opera e servizi – dati gli alti “costi”).
Il sistema di amministrazione e controllo segue il modello tradizionale, ossia partendo con la tripartizione assemblea-organo amministrativo-collegio sindacale, appartenente alla S.p.A., con la possibilità di personalizzare l’identità societaria, in virtù dell’autonomia statutaria di questo modello particolarmente elastico.
Parte della dottrina ritiene che non siano applicabili i modelli monistico e dualistico alla S.r.l., anche se forse non è corretto precludere tali opzioni, vista la natura ibrida che si muove tra i due estremi personalistici e corporativi.
Bisogna poi osservare che gli amministratori – se l’amministrazione è pluripersonale – possono decidere secondo diverse modalità, dato il maggior spazio riconosciuto all’autonomia statutaria.
Nel terzo comma dell’art. 2475 si stabilisce che “ Quando l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L’atto costitutivo può tuttavia prevedere, salvo quanto disposto nell’ultimo comma del presente articolo, che l’amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente; in tali casi si applicano, rispettivamente gli articoli 2257 e 2258”.

Modelli di amministrazione possibili sono dunque:

- Congiuntiva: è necessaria la partecipazione di tutti gli amministratori per la presa di determinate decisioni. In questo caso, la ponderazione delle decisioni del gruppo è certamente un importante strumento di tutela della società, soci e terzi, ma ha un alto costo, la rigidità che potrebbe andare ad incidere sull’efficienza dell’esercizio dell’attività d’impresa.

- Disgiuntiva: ciascun amministratore può decidere il compimento degli affari sociali e, quindi poi, se fornito di potere rappresentativo, spendere il nome ed agire per la società, senza che ci sia una riunione formale degli altri componenti del Cda. Questo potrebbe creare senz’altro perplessità, aprendo il varco ad azioni opportunistiche a discapito degli interessi sociali e a favore degli interessi personali di chi agisce. La norma tutela allora la società con l’esercizio del potere di veto prima che si compia l’azione potenzialmente pregiudizievole e lascia la decisione all’assemblea dei soci; in mancanza di tempestività, saranno utili gli strumenti di responsabilità civile del diritto comune o ancora meglio l’autonomia statutaria potrebbe prevedere strumenti di reazione ad hoc.

- Collegiale: questo è il metodo tradizionale per eccellenza, richiede che la volontà dei componenti del Cda si manifesti in modo contestuale, nello stesso spazio e tempo, prevedendo un apposito iter di convocazione e formalità nella presa delle decisioni ed infine delibera, in analisi si può definire tale inter, una decisione matura, perché si prevede un autentico dibattito e presa di decisione.

- Collegialità attenuata, se previsto dall’autonomia statutaria è esercitabile il voto espresso per iscritto e consultazione scritta, in modo chiaro così da salvaguardare la certezza degli atti.

Dall’articolo 2475 c.c. si evince che l’amministrazione congiuntiva, disgiuntiva e a collegialità attenuata, non possono operare per alcune decisioni, per le quali evidentemente il legislatore ha ritenuto che le forme della collegialità piena dovessero essere non negoziabili.

Se poi si volge lo sguardo alle materie di competenza inderogabile dei soci, l’art. 2479 riserva ai soci le seguenti decisioni:
- l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili
- la nomina degli amministratori, sindaci, del presidente del collegio sindacale e del revisore
- le modifiche dell’atto costitutivo
- operazioni che comportano sostanziali modifiche dell’oggetto sociale o rilevanti modifiche dei diritti dei soci
Inoltre l’atto costitutivo può ulteriormente dilatare le materie di competenza dei soci. E, anche in difetto di clausola statutaria ad hoc, i soci possono appropriarsi della competenza decisionale in ordine a ulteriori materie di rilievo gestorio, purché l’impulso provenga da tanti soci che rappresentino un terzo del capitale sociale. Farebbero invece eccezione – almeno se si accede alla più diffusa interpretazione dell’art. 2475, ult. co., c.c. – le seguenti
materie di competenza inderogabile dell’organo amministrativo:
- la redazione del progetto di bilancio
- la redazione dei progetti di fusione e scissione
- la decisione di aumenti di capitale sociale ai sensi dell’art. 2481.

Anche con tutti i principi spesi della relazione ministeriale e riforma, la S. r.l. non è riuscita ad avere tutto un corpo di norme suo ed autosufficiente, ci sono continui rinvii ed integrazioni-interpretazioni alle norme sulla S.p.A., in confronto esaustive.
Purtroppo il compito più difficile è saper interpretare i silenzi e lacune volontarie o non che il Legislatore ci pone nel corpo normativo, dato che l’autonomia statutaria – per quanto rafforzata dopo la riforma del 2003 – non è certo senza limiti. Sorgerebbe quasi il dubbio dell’esistenza di un binomio autonomia statutaria - problemi interpretativi, che metterebbe a rischio la bontà delle aspettative della riforma .
Probabilmente, se la estrema flessibilità concessa al modello in esame e la centralità del socio fossero state regolamentate o fossero state poste linee di confine più sicure, di certo il risultato sarebbe stato diverso.
Tra i tanti problemi aperti dalla riforma, a lungo oggetto di dibattito ma forse di recente avviato a soluzione, c’è la questione dell’applicabilità dell’art. 2409, previsto per la S.p.A., e per estensione ampiamente utilizzato ante e post riforma per la S.r.l.
Nel corpo normativo, il legislatore non ne ha fatto esplicito riferimento. Sorge dunque il problema di interpretare il silenzio del legislatore. La questione era stata sollevata dal Tribunale di Tivoli, il quale, ai sensi degli artt. 3 e 24 della Costituzione, poneva in dubbio la legittimità costituzionale degli artt. 2409 e 2476 c.c., nella parte in cui non consentono l’utilizzo dello strumento del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. nelle srl dotate di collegio sindacale, strumento invece reso disponibile dalla legge 91/81 nelle srl aventi a oggetto attività sportive.
La Consulta, pur dichiarando la questione di costituzionalità sollevata manifestamente inammissibile, esprime in motivazione ampie aperture sull’ammissibilità del controllo giudiziario.
La Corte Costituzionale ha tuttavia ammesso, in un obiter dictum, che l’attuale dettato normativo non esclude l’estensione della procedura di controllo giudiziario alle s.r.l. munite di collegio sindacale e su richiesta dei
sindaci, in caso di gravi irregolarità imputabili agli amministratori.
Per contro la Cassazione ha affermato, che nell’ambito di una s.r.l. obbligata alla nomina del collegio sindacale, non è applicabile l’art. 2409 per il controllo giudiziario della s.p.a. Quindi l’intento del legislatore, accentrando il ruolo e poteri del socio, porta alla privatizzazione del controllo interno, in favore di ciascun socio o del collegio sindacale.
Un altro aspetto riguarda il potere di controllo dei soci non amministratori, nello specifico se il diritto di ispezione e di consultazione dei libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione comprenda anche la facoltà di estrarne copia.
Tale interrogativo resta ancora senza risposta, in linea di massima deve essere tutelata la riservatezza dei documenti della società; di conseguenza anche la segretezza deve essere rispettata a tutela degli interessi sociali, a pena – tra l’altro – di responsabilità. Tra i diritti riconosciuti al socio non amministratore, vi è il diritto “di consultare anche tramite professionisti di loro fiducia”, dal professionista abilitato, da cui è ragionevole attendersi il rispetto della segretezza e il rispetto della diligenza richiesta dall’incarico affidatogli.
La sovrapposizione delle competenze e ruoli tra amministratori e soci, e le conseguenti ingerenze (oltreché i possibili abusi o violazioni), potrebbero trovare soluzione con la nomina di amministratori non soci, se previsto nell’atto costitutivo, anche se in tema di azione di responsabilità in caso di conflitti di interessi o comportamenti opportunistici manca una visione chiarificatrice per i vari orientamenti.
In questa sede, saranno analizzati i profili più rilevanti in ordine al tema del conflitto di interessi ex art. 2475 ter c.c. Seguirà la trattazione degli aspetti salienti, sul piano teorico e sul piano pratico, relativi alla responsabilità degli amministratori e ai poteri di controllo dei soci ex art. 2476 c.c..
Si tratta di temi che hanno creato non poche perplessità in dottrina e giurisprudenza, a fronte di silenzi e lacune del legislatore. Di questo si darà conto nelle pagine che seguono.

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