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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-04032012-142800


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
MARTELLI, MATTEO
URN
etd-04032012-142800
Titolo
GLI SCRITTI ALCHEMICI PSEUDO-DEMOCRITEI NELLA TRADIZIONE INDIRETTA GRECA E NELLE TRADUZIONI SIRIACHE
Settore scientifico disciplinare
M-STO/05
Corso di studi
STORIA DELLA SCIENZA
Relatori
tutor Prof. Sassi, Maria Michela
tutor Prof. Beretta, Marco
Parole chiave
  • storia della chimica
  • laboratorio
  • egitto greco-romano
  • Democrito
  • alchimia
Data inizio appello
06/06/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
La dissertazione si struttura in quattro capitoli, ciascuno dei quali tenta di indagare alcuni aspetti specifici della figura di Democrito alchimista e del ruolo da lui giocato nella nascita e nello sviluppo dell’arte alchemica. Il primo capitolo rappresenta un’introduzione generale all’alchimia antica ed alle collezioni di testi che costituiscono le nostre fonti principali. I due capitoli centrali si concentrano sullo studio dei quattro libri sulle tinture pseudo-democritei, di cui si è cercato di individuare i lacerti all’interno del Corpus degli scritti alchemici conservati sia in greco che in siriaco. Il secondo capitolo prende in considerazione la tradizione bizantina: dopo una breve descrizione dei principali codici (tutti anteriori al XV sec.) oggi conservati in varie biblioteche europee, ho cercato di individuare all’interno delle ricche collezioni tramandate quelle porzioni di testo risalenti agli originari quattro libri. Nel terzo capitolo, invece, ho considerato la tradizione siriaca del Corpus alchemicum, ponendo particolare attenzione alle sezioni pseudo-democritee tramandate dai tre testimoni manoscritti oggi noti, ovvero due codici di Londra (Egerton 709, XVI sec.; Oriental 1593, XV/XVI sec.) ed un manoscritto di Cambridge (Mm. 6.29; XV sec.). Soprattutto quest’ultimo, che rimane tuttora inedito, è stato l’oggetto della mia indagine, attraverso la quale ho tentato di riportare una descrizione completa del suo contenuto e di proporre uno specimen di edizione (con traduzione italiana) della sezione sull’oro. L’ultimo capitolo, infine, tratta di due questioni controverse legate alla datazione e all’attribuzione dei quattro libri alchemici tramandati sotto il nome di Democrito. Una lunga sezione, in particolare, discute dell’identificazione – proposta da vari studiosi – tra l’autore dei trattati in questione e Bolo di Mende: varie considerazioni cronologiche e le scarse testimonianze in nostro possesso sulla produzione del poligrafo egiziano non consentono, a mio avviso, di accettare tale proposta. Un’appendice dedicata al ‘laboratorio alchemico’ nell’Egitto greco-romano chiude il volume.
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