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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-04022019-150214


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TRAPANI, PAOLO
URN
etd-04022019-150214
Titolo
Conseguenze delle deportazioni assiro-babilonesi sull'identita ebraica
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
ORIENTALISTICA: EGITTO, VICINO E MEDIO ORIENTE
Relatori
relatore Prof. Eidem, Jesper
correlatore Prof. D'Agostino, Anacleto
Parole chiave
  • Yahweh
  • identità
  • Ebrei
  • deportazioni
  • Deportazione
Data inizio appello
29/04/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
29/04/2089
Riassunto
Il presente elaborato è tripartito e segue un ordine cronologico.
Con “i fatti” del primo capitolo intendo comunicare il passato del popolo ebreo, cercando di essere, da un lato il più sintetico possibile, dall’altro non voglio lasciare nessun pezzo di storia fuori dallo schema cronologico che offre la Bibbia stessa. Tanto più esaustiva è l’esposizione del background degli Ebrei, quanto più comprensibile risulta la seconda parte della tesi, rappresentante il nucleo centrale del lavoro.
Nel fornire i fatti, implicitamente mi riferisco agli episodi antecedenti la distruzione e la deportazione di Samaria prima (734 e 722 a.C.) e Gerusalemme che alla prima resistette oltre centotrent’anni (598 e 587 a.C.). Si nota, tra le parentesi, la menzione di due date per ciascuna deportazione: la prima di ogni serie, rappresenta un avvertimento da parte degli Assiri (Tiglat-Pileser III) al regno d’Israele (Pechah) e dei Babilonesi (Nabucodonosor II) al regno di Giuda (Yojakim); le seconde date descrivono la risoluzione finale, la completa assenza di indulgenza che scaturisce in numeri più cospicui di deportati da Samaria (Osea) per i domini assiri (con Salmanasser V), da Gerusalemme e Giuda (Sedechia) verso Babilonia (sempre con Nabucodonosor II).
La narrazione dei fatti inerenti la storia di Israele almeno da Abramo (che in qualche modo è il primo personaggio della Genesi ad essere supportato da qualche fonte storica extrabiblica) alla fine dei due regni divisi, viene fatta susseguire dall’impatto che due imperi ebbero su due popoli, in modo differente a causa della loro differente politica.
Nell’intendo di avvicinarci meglio alla comprensione dell’impatto assiro sul regno di Israele, oltre che su tutta l’area levantina, si adopera come premessa un’analisi evolutiva dei rapporti degli Assiri nel corso della loro storia, tra medio e nuovo regno. Nella sezione dedicata all’impatto babilonese su Giuda, invece, la premessa riguarderà la posizione di questo regno nello scenario politico degli anni tra la deportazione dei “fratelli” israeliti e la propria. L’epilogo a tutto il capitolo verterà su una mirabile disquisizione di un confronto tra i due imperialismi, entrambi protagonisti dominanti la storia pre-achemenide del Vicino Oriente e, al contempo, responsabili di due destini separati per il popolo ebraico.
Nel secondo capitolo, i cui primi paragrafi potrebbero all’apparenza sembrare una ricapitolazione degli ultimi del capitolo I, si cerca in verità di guardare alle reazioni di questi due “destini” coinvolti nel dramma delle deportazioni: per cui, si renderà una panoramica delle due società e culture all’indomani di quei tragici episodi.
Dopo aver spiegata la differenza tra i restanti in Israele e i restanti in Giuda, si scende nel dettaglio per comprendere, dopo la caduta, il tipo di identità e atteggiamento maturato nei restanti in Giuda e degli esiliati giudei a Babilonia, approfondendone le due diverse società e le personalità di spicco in ciascuna di esse, molto influenti nel pensiero ebraico, ad esempio i profeti Geremia (a Gerusalemme) ed Ezechiele (a Babilonia) o la corte dell’esiliarca Jojakin presso Nabucodonosor II.
La stessa analisi comparata tra gli Israeliti restanti e quelli esiliati, a causa della maggior dispersione degli esuli per tutti i territori assiri, risulta più complessa ed esulante, per cui qui si preferisce non approfondirla.
Si conclude il capitolo fornendo un paragrafo di storia del ritorno, concentrandoci sulle modalità dello stesso a partire dall’Editto di Ciro II e sulla successiva restaurazione e relazione coi popoli vicini, momenti cruciali per la storia di Giuda in cui risulteranno fondamentali le figure di Nehemia ed Ezra.
Si nota l’importanza di dare spazio ai Giudei e non agli Israeliti del nord, in quanto è a Gerusalemme che avviene quel fenomeno di catalizzazione, di richiamo di popoli esiliati sotto gli Assiri.
Questa parte centrale del lavoro è difatti anche la più prolissa e rappresenta da sola metà della relazione
Se nella prima parte di questa dissertazione, abbiamo raccontato i fatti storici inerenti il popolo ebraico, partendo da alcuni episodi della Genesi fino al periodo della fine della monarchia, cercando di comprendere le diverse scelte politiche degli imperi assiro e babilonese; se al secondo capitolo, è stato invece dato ampio spazio e più importanza agli aspetti sociali, culturali e religiosi che cronistorici, esaminando le culture israelitica e giudaica all’indomani della deportazione fino al rientro; il vero nucleo del presente lavoro è il terzo capitolo, punto di arrivo poiché in vista di questa si sono esposti i punti precedenti.
Esso fornisce infatti uno scopo a tutto il discorso: dibattere sull’identità ebraica mettendo in luce come questa identità sia il prodotto di fattori multipli, dove il dramma delle deportazioni ha giocato un ruolo senz’altro principale, con la partecipazione di tutta una serie di vincoli remoti, tra questi il legame con l’Egitto per esempio, terra di un esilio più lontano nel tempo rispetto a quello babilonese.
Si analizzano pertanto le conseguenze che ha avuto la storia e la cultura-religione-società sull’identità degli Ebrei, al punto da giustificare o spiegare in qualche modo il loro atteggiamento nei confronti della storia che segue il periodo achemenide.
È quindi anche un capitolo di storia, anzì esso segue gli eventi narrati nei primi due: in verità questa tesi è una narrazione seguente un filo cronologico. Ma a differenza del primo (e in parte anche il secondo) capitolo, la storia del capitolo terzo non si presenta come un racconto fine a se stesso. La storia quivi è semmai un mezzo, mentre il fine è scoprire attraverso gli eventi più recenti, cosa spinse gli Ebrei a diventare quello che sono stati fino alla distruzione di Gerusalemme e del Tempio, valori sacri della loro identità; e quello che sono poi dovuti diventare fino all’età a noi contemporanea.
Quest’ultima è una storia più interiore che politica, centrata su un processo più profondo di elaborazione del sentimento nazionale.
O forse si potrebbe meglio definire l’insieme di due storie che corrono parallele, l’una (quella politica) interfaccia dell’altra (identitaria).
Le modalità d’interazione del popolo ebraico, prima con il mondo ellenistico e poi con Roma, con tutto quel complesso di sentimenti che vanno dalle paure alle speranze, sono l’esito di secoli fatti di esodi, deportazioni, rimpatri, riforme, diatribe e perfino lotte intestine, che hanno cambiato il mondo interiore di un popolo unico nella storia umana universale.
Tutto questo non è solo prerogativa del capitolo terzo, poiché tutto il lavoro non si prefigge come obiettivo principale di narrare gli eventi, ma narrandoli si vede emergere alla luce dei fatti, un mutamento del carattere di un popolo che incontra e si scontra coi vicini e i meno vicini di ogni epoca che attraversa. È soltanto che, in questa storia più recente, si ha nell’opinione dell’autore la sensazione che questi mutamenti possano avvenire in tempi più celeri, forse perché la storia è stanca, ha esaurito cioè la pazienza nei riguardi di un popolo che, al contempo, è sempre più isolato e arrogante. Forse anche per delle valutazioni più profonde e tese all’assimilazione che gli imperi “nuovi” hanno scelto di fare. E così, questa storia interiore degli Ebrei si evolve per effetto di una serie di politiche che le vengono “somministrate” nel corso del tempo.
Tutto parte però dalla politica segregazionista sempre valida in Giudea alle soglie dell’Ellenismo, che si aggancia perfettamente ai tempi nuovi, una scelta cioè di chiusura verso i popoli stranieri derivante dalla riforma neemiana. Quest’ultima, per fedeltà al titolo di questo lavoro, è conseguenza più immediata dell’esilio babilonese. Si vedrà in che misura questo dramma ha agito sull’identità degli Ebrei a contatto con questi altri popoli: prima i Tolemei e i Seleucidi, principali padroni dell’impero sfaldato di Alessandro, poi i Romani che entreranno con “garbo” ad arbitrare i conflitti tra Ebrei e Seleucidi e infine arrogantemente cercheranno di imporre la propria politica universalista che genererà un attrito più grande.
Proprio nella difficoltà del contatto con i popoli successivi ai Babilonesi, si vedrà come gli Ebrei siano il frutto del loro passato di esuli.
Per finire, anche all’indomani degli scontri con Greci e Romani, il carattere del popolo ebraico si temprerà più di prima fino a diventare, dopo la diaspora seguente il 70 d.C., un’etnia matura che ha saputo conservare traccia delle proprie origini e identità. Ma quegli ideali si radicalizzeranno tutte le volte che si ritornerà alle provocazioni, fino a sembrare di sfiancare di fronte a un “male banale”, quello del nazismo, più determinante di un male consapevole.
Il dramma dell’Olocausto verrà approfondito come inciso in questo lavoro, ed apparentemente potrà fungere da tema centrale per la lungaggine dell’esposizione.
Ma in realtà, l’argomento è volutamente inserito dall’autore poiché trattasi del risultato di un antisemitismo radicato in epoca romana, e forse in un passato più remoto.
In tal modo si richiama l’attenzione del lettore alle pagine antiche della storia ebraica, chiudendo con questo flettersi verso dietro, un lungo circuito di una tesi che si ha il piacere di sviluppare in un motivo chiuso piuttosto che lineare. Questo perché la storia ci insegna che nessun episodio è in fondo stato cancellato in modo completo. Purtroppo …
Buona lettura.
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