Tesi etd-03302010-011536 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
ORSINI, FEDERICO
URN
etd-03302010-011536
Titolo
Il metodo della critica di Hegel alla filosofia pratica di Kant
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
- Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
26/04/2010
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il senso della ricerca condotta nella presente tesi è il tentativo di rendere esplicita la logica sistematica della filosofia pratica di Kant e di Hegel. La caratterizzazione di questo intento non è priva di problemi, in quanto sembra sottintendere che venga presupposta dall’interprete un’idea di filosofia, destinata a far valere un’unica concezione della logica, che verrebbe ritenuta comune sia a Kant che a Hegel, considerati come termini di un confronto estrinseco, i cui si deve decidere, dopo un’esposizione sommaria del punto principale prima dell’uno e poi dell’altro, quale dei due punti di vista abbia ragione e quale abbia torto. Ma niente ci sarebbe di più sbagliato che assumere questo atteggiamento in filosofia, quasi che si trattasse di venderne dei pezzi in un mercato.
Il presente lavoro non pretende di essere né un’esposizione di tesi né una comunicazione di risultati, basate su un inquadramento preliminare di due punti di vista filosofici semplicemente diversi, ma si presenta come un insieme di ricerche che, lasciandosi guidare da un’interpretazione calata in opere specifiche, si occupano costantemente di giudicare la legittimità di un confronto in relazione a un tema, la filosofia pratica, che deve essere fatto emergere configurando un esame della relazione che sussiste fra sistema e libertà in una logica trascendentale di Kant, considerata nella sua affinità e differenza storico-filosofica dalla logica speculativa di Hegel.
Senza propormi di interrogare Kant allo scopo di difenderne una presunta ortodossia, mi sono trovato, malgrado lo sforzo di mantenermi equilibrato nel considerare l’eguale necessità del corso delle argomentazioni di una logica trascendentale e di una logica speculativa, a rendere conto dei problemi sollevati da Kant con un metodo hegeliano (il ‘metodo assoluto’ secondo cui ogni figura logico-reale che appare nel sistema delle scienze filosofiche sviluppa a partire dal suo concetto tutte le sue determinazioni), in relazione a un tema in cui l’ ‘assolutezza’ della ragione pura significa anzitutto, per Kant, lo svincolarsi dai limiti della condotta conoscitiva dell’intelletto puro, che legifera a priori sull’ambito di costituzione dei fenomeni della natura in generale.
Aver dato un’impostazione della morale di Kant a partire dal concetto di una logica della ragione pura pratica, quale è abbozzata dalla figura del sillogismo, che viene trattato, per motivazioni attinenti all’architettonica della ragione, nella ‘Delucidazione’ della seconda Critica, mi ha permesso di guardare a Hegel all’interno della stessa esposizione logica di Kant.
Volendo evitare di risolvere il confronto in una giustapposizione fra paradigmi, ho istituito il confronto in modo tale che il lato kantiano costituisse la domanda, come è evidente dai titoli del terzo e quarto capitolo della tesi (rispettivamente dedicati alla possibilità e alla realtà della libertà), e il lato hegeliano fornisse la risposta, nel senso di fornire l’elemento di una rielaborazione di quegli aspetti (l’esperienza della prassi, il fatto che la forma pura della volontà debba concepirsi come creatrice di storia) che l’impresa kantiana di fondazione del problema della morale su basi non trascendenti rispetto alla ragione ha lasciato non sviluppati. Per riassumere con un’espressione il senso del confronto, si può affermare che esso è consistito nell’articolare un passaggio dalla ‘Critica della ragione pratica’ alla ‘Sistematica della ragione pura pratica’. A questo proposito, ritengo di avere caratterizzato in un modo non del tutto compiuto la posizione di Hegel, avendo scelto di limitarmi a discutere il significato generale della sua logica sistematica e approfondendo solo alcune categorie della Logica (il fondamento, le categorie della realtà effettiva, l’idea del bene) e della sua ‘etica’, nella misura in cui consolidavano la prospettiva dell’universale concreto, configurato in Kant mediante l’immanenza del livello trascendentale della ragione (le condizioni di possibilità) al livello empirico (il condizionato, consistente nelle forme dell’esperienza pratica del soggetto singolo e del soggetto metaindividuale del genere umano, che viene a consapevolezza di sé nel processo di trasformazione della sua realtà mediante la storia).
Il problema principale cui confluiscono le varie ricerche riguarda la possibilità reale dell’esperienza della prassi in Kant. Considerando la necessità di un’estensione della tavola del giudizio riflettente pratico a una fenomenologia delle figure della coscienza morale, interpretata anche come il passaggio da una ‘riflessione pratica prima’ (acritica) a una ‘riflessione pratica seconda’ (critica), ho individuato nel concetto di storia, in cui la vicenda del soggetto autocosciente singolo si intreccia in un rapporto formativo di passività e attività con quella del mondo sociale, il punto mediano che collega il mondo intelligibile (il livello del fondamento, conosciuto mediante l’ ‘unico fatto’ della ragione) col mondo fenomenico (il livello del fondato, manifesto nell’esperienza), in modo tale che l’esperienza non finisca per essere un materiale dato cui la legge pura, nei casi presenti, astraendo dal processo che ne suscita la presenza, si applichi esteriormente attraverso un giudizio determinante.
Il presente lavoro non pretende di essere né un’esposizione di tesi né una comunicazione di risultati, basate su un inquadramento preliminare di due punti di vista filosofici semplicemente diversi, ma si presenta come un insieme di ricerche che, lasciandosi guidare da un’interpretazione calata in opere specifiche, si occupano costantemente di giudicare la legittimità di un confronto in relazione a un tema, la filosofia pratica, che deve essere fatto emergere configurando un esame della relazione che sussiste fra sistema e libertà in una logica trascendentale di Kant, considerata nella sua affinità e differenza storico-filosofica dalla logica speculativa di Hegel.
Senza propormi di interrogare Kant allo scopo di difenderne una presunta ortodossia, mi sono trovato, malgrado lo sforzo di mantenermi equilibrato nel considerare l’eguale necessità del corso delle argomentazioni di una logica trascendentale e di una logica speculativa, a rendere conto dei problemi sollevati da Kant con un metodo hegeliano (il ‘metodo assoluto’ secondo cui ogni figura logico-reale che appare nel sistema delle scienze filosofiche sviluppa a partire dal suo concetto tutte le sue determinazioni), in relazione a un tema in cui l’ ‘assolutezza’ della ragione pura significa anzitutto, per Kant, lo svincolarsi dai limiti della condotta conoscitiva dell’intelletto puro, che legifera a priori sull’ambito di costituzione dei fenomeni della natura in generale.
Aver dato un’impostazione della morale di Kant a partire dal concetto di una logica della ragione pura pratica, quale è abbozzata dalla figura del sillogismo, che viene trattato, per motivazioni attinenti all’architettonica della ragione, nella ‘Delucidazione’ della seconda Critica, mi ha permesso di guardare a Hegel all’interno della stessa esposizione logica di Kant.
Volendo evitare di risolvere il confronto in una giustapposizione fra paradigmi, ho istituito il confronto in modo tale che il lato kantiano costituisse la domanda, come è evidente dai titoli del terzo e quarto capitolo della tesi (rispettivamente dedicati alla possibilità e alla realtà della libertà), e il lato hegeliano fornisse la risposta, nel senso di fornire l’elemento di una rielaborazione di quegli aspetti (l’esperienza della prassi, il fatto che la forma pura della volontà debba concepirsi come creatrice di storia) che l’impresa kantiana di fondazione del problema della morale su basi non trascendenti rispetto alla ragione ha lasciato non sviluppati. Per riassumere con un’espressione il senso del confronto, si può affermare che esso è consistito nell’articolare un passaggio dalla ‘Critica della ragione pratica’ alla ‘Sistematica della ragione pura pratica’. A questo proposito, ritengo di avere caratterizzato in un modo non del tutto compiuto la posizione di Hegel, avendo scelto di limitarmi a discutere il significato generale della sua logica sistematica e approfondendo solo alcune categorie della Logica (il fondamento, le categorie della realtà effettiva, l’idea del bene) e della sua ‘etica’, nella misura in cui consolidavano la prospettiva dell’universale concreto, configurato in Kant mediante l’immanenza del livello trascendentale della ragione (le condizioni di possibilità) al livello empirico (il condizionato, consistente nelle forme dell’esperienza pratica del soggetto singolo e del soggetto metaindividuale del genere umano, che viene a consapevolezza di sé nel processo di trasformazione della sua realtà mediante la storia).
Il problema principale cui confluiscono le varie ricerche riguarda la possibilità reale dell’esperienza della prassi in Kant. Considerando la necessità di un’estensione della tavola del giudizio riflettente pratico a una fenomenologia delle figure della coscienza morale, interpretata anche come il passaggio da una ‘riflessione pratica prima’ (acritica) a una ‘riflessione pratica seconda’ (critica), ho individuato nel concetto di storia, in cui la vicenda del soggetto autocosciente singolo si intreccia in un rapporto formativo di passività e attività con quella del mondo sociale, il punto mediano che collega il mondo intelligibile (il livello del fondamento, conosciuto mediante l’ ‘unico fatto’ della ragione) col mondo fenomenico (il livello del fondato, manifesto nell’esperienza), in modo tale che l’esperienza non finisca per essere un materiale dato cui la legge pura, nei casi presenti, astraendo dal processo che ne suscita la presenza, si applichi esteriormente attraverso un giudizio determinante.
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