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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-03242015-142523


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CATALANO, SOPHIA
Indirizzo email
sophia.catalano@libero.it
URN
etd-03242015-142523
Titolo
Bertrando Spaventa: la teoria della circolazione tra tradizione e politica
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof.ssa Bassi, Simonetta
Parole chiave
  • Spaventa
  • circolazione
  • Risorgimento
  • hegelismo italiano
Data inizio appello
13/04/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Parlare di un autore come Bertrando Spaventa non è sicuramente un’impresa semplice. La sua attività di intellettuale copre più di tre decenni, ed il percorso seguito dal nostro autore, lungi dall’essere lineare, subisce evoluzioni ed arricchimenti che, come vedremo, sono principalmente frutto di esigenze teoretiche, le quali si originano a partire da un costante confronto con la situazione storico-politica contingente. Questa caratteristica peculiare dello Spaventa, questo suo continuo interesse rispetto alla propria contemporaneità, è ciò che consente ad Eugenio Garin di parlare dell’autore di Bomba sottolineandone l’ “immanente politicità” del pensiero. Approcciarsi ai testi dello Spaventa significa, dunque, approcciarsi alla generale commistione di istanze politiche, culturali e sociali che costituiscono la cifra particolarissima dell’epoca (che sappiamo ricca di stravolgimenti politici) in cui si genera e si sviluppa il pensiero del nostro autore.
Il percorso spaventiano ha origine nella Napoli prequarantottesca: una città, come vedremo, dalla intensa vita culturale nella quale, nonostante il generale prevalere del giobertismo, ampio spazio era concesso anche allo studio delle opere di autori stranieri. A seguito, però, degli avvenimenti del 1848, il nostro autore fu costretto a lasciare la città partenopea per recarsi a Torino, allora capitale di quel Regno sulle cui spalle pesava l’arduo compito di ricondurre, finalmente, il nostro Paese alla sua unità politica e territoriale. Quelli trascorsi nella capitale piemontese furono anni bui per lo Spaventa, il quale trovava la nuova città fervente dal punto di vista politico, ma immersa in un profondo oblio culturale, estranea com’era al fermento conosciuto a Napoli nel decennio precedente, ed anzi sospettosa nei confronti di quegli esuli che andavano predicando le “nebbiose dottrine alemane”. Nonostante la strenua opposizione che lo Spaventa dovette affrontare da parte dell’élite culturale piemontese, quegli anni trascorsi a Torino furono anni di intenso studio, nei quali è possibile collocare la genesi e lo sviluppo di quella che viene ricordata come la sua teoria più famosa e, probabilmente, più controversa: la “circolazione del pensiero italiano”, la cui formulazione compiuta è riconducibile alle lezioni tenute dal nostro autore presso l’Università di Napoli nel 1860; per una coincidenza, tutt’altro che fortuita, negli anni cruciali dell’Unità d’Italia.
Queste premesse concorrono a mettere in evidenza come il percorso spaventiano non sia affatto lineare, ma si sviluppi, piuttosto, attraverso delle fasi, ognuna con delle caratteristiche peculiari, ma che è possibile ricondurre ad unità soprattutto sulla base di due elementi: da una parte, il già accennato riferimento costante alla contingenza storico-politica1, dall’altra, quello che è possibile definire come “l’hegelismo spaventiano”. Il pensiero del professore di Berlino costituisce, infatti, una costante presenza all’interno della produzione dello Spaventa, sia come fonte diretta, sia indirettamente, come paradigma di riferimento critico, al quale rapportare sia gli studi condotti su altri autori (siano essi contemporanei o illustri nomi della storia della filosofia), sia le più generali considerazioni legate alla situazione storica, politica e culturale contemporanea. Il rapporto con Hegel è, dunque, una questione che attraversa trasversalmente l’intera produzione spaventiana e, attraversandola, si modifica con il modificarsi degli interessi, degli obbiettivi e delle prospettive dell’autore di Bomba. Parlare di Hegel in Italia era, all’epoca dello Spaventa, già di per sé una controtendenza che si poneva in chiave “critica” rispetto alla situazione generale del nostro Paese. Per questo motivo, prima di affrontare la questione relativa al caso specifico dell’hegelismo spaventiano, occorre, a mio avviso, considerare cosa significasse hegelismo nel contesto politico-culturale della Napoli di metà Ottocento, in modo da chiarire quali fossero le caratteristiche principali dell’ambiente culturale in seno al quale avvenne la prima formazione dello Spaventa e che, lo vedremo, avrà una notevole influenza su tutta la produzione spaventiana, anche a distanza di decenni.
Per approcciarsi ad un autore come lo Spaventa, per il quale il ruolo di filosofo e di storico della filosofia si intrecciano costantemente, arricchendo, ma così anche complicando, il quadro dei suoi interessi e delle sue indagini, una prospettiva che tenga conto del disegno generale soggiacente al suo percorso appare l’unica in grado di guidare ad una comprensione complessiva dell’opera del nostro autore e del suo contributo alla storia del pensiero del nostro Paese. Quello che ci si propone di analizzare è, dunque, un percorso al cui interno rientrano istanze tra loro profondamente diverse se non, in alcuni casi, contraddittorie (la fedeltà di fondo alla filosofia hegeliana, l’interesse per la filosofia Rinascimentale, per lo spinozismo, per Vico, fino a giungere all’interesse sviluppato in chiave polemica a partire dalla seconda metà degli anni ’60, per il positivismo allora dilagante nel nostro Paese), le quali possono essere tenute insieme in una prospettiva unitaria, solamente se si considerano frutto di un’elaborazione che si modifica con il modificarsi stesso delle contingenze storico-politiche del nostro Paese.
Nei capitoli che seguiranno mi propongo di analizzarne le opere più significative del nostro autore pubblicate fino al 1860, accompagnandone la lettura a quella dell'epistolario, grazie al quale credo si chiariscano le intenzioni che stanno a monte di questo stesso percorso. L'analisi diretta delle opere si fermerà al 1860 e alla teoria della circolazione. L'idea soggiacente a questa ricostruzione è quella per cui il merito principale dello Spaventa è quello di essersi coscientemente proposto un'opera di "svecchiamento" della cultura italiana, per fare in modo che un Paese come l'Italia, che giungeva tra gli ultimi nel consorzio delle Nazioni, potesse aprire un dialogo paritario con gli altri Stati europei. Questo obbiettivo lo Spaventa se lo proponeva, a partire da un punto di vista che potrebbe essere definito "da hegeliano convinto"; egli era, cioè, realmente persuaso che la dottrina hegeliana costituisse il massimo livello raggiunto dalla scienza, per cui rendere l'Italia partecipe del dibattito filosofico europeo significava, innanzitutto, elevarla allo stesso grado della speculazione hegeliana. Il progetto dello Spaventa incontrava, tuttavia, la fiera avversione di una larga componente dell’élite culturale italiana, di quei sostenitori, cioè, del mito dell' "antica sapienza italica" (quelli che nelle parole dello Spaventa sognavano ancora un’Italia “pelasgica e pitagorica”); di qui la necessità, non solo di dimostrare che italiani erano gli autori che avevano dato avvio al percorso della filosofia moderna (anche perchè questi autori cui era assegnato un ruolo così delicato erano un Bruno ed un Campanella, generalmente poco considerati se non guardati ancora con sospetto), ma anche che  nello sviluppo della nostra stessa filosofia contemporanea, quella che, al contrario, veniva generalmente studiata con fervore ed apprezzata dai più, era possibile rintracciare (almeno in parte e più o meno consapevolmente da parte degli stessi autori) un percorso coerente con quello dei pensatori tedeschi.
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