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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03212016-100146


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MANDO', BEATRICE
URN
etd-03212016-100146
Titolo
Medea: Fortuna e metamorfosi di un mito nei romanzi di George Eliot
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LINGUE E LETTERATURE MODERNE EUROAMERICANE
Relatori
relatore Prof.ssa Rossi Linguanti, Elena
Parole chiave
  • femminilità
  • vendetta
Data inizio appello
18/04/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Oggetto del presente lavoro è lo studio del rapporto di George Eliot con i classici e in particolare l’analisi del modo in cui la scrittrice vittoriana rielabora il mito di Medea in tre dei suoi romanzi (Adam Bede, Felix Holt, Daniel Deronda). In Adam Bede il mito emerge attraverso la tematica dell’infanticidio: la protagonista Hetty è la nuova Medea che, come la principessa colchica, viene sedotta e abbandonata da un uomo meschino come Giasone, ovvero Arthur. Hetty, analogamente a Medea, toglie la vita al figlio, ma ci sono delle differenze: rispetto alla principessa colchica, che uccide i figli per vendicare il tradimento e l’abbandono che il marito ha causato, Hetty provoca la morte del figlio per evitare la vergogna e risparmiare al figlio una vita di stenti.
In Felix Holt la figura di Medea si lega alla Woman Question, cioè la questione dell’emancipazione femminile. Il rapporto con il mito si stabilisce attraverso paralleli tematici: Jermyn, che rifiuta Mrs. Transome per sposare un’altra donna, ricorda quanto Giasone fa con Medea; entrambi, non sentendosi in debito verso l’amata, non si fanno scrupoli ad abbandonarla.
In Daniel Deronda George Eliot lega la ripresa di Medea a due problematiche, la Woman Question e l’esclusione sociale. Il rapporto con il mito viene stabilito da un personaggio (Mr. Vandernoodt), il quale paragona il rapporto che lega Gwendolen, Grandcourt e Lydia a quello tra Creusa, Giasone e Medea. Grandcourt, come Giasone, è diviso tra due donne, ovvero Lydia, la precedente amante, che viene allontanata come succede a Medea, e Gwendolen, che diventa la nuova sposa, come Creusa. Inoltre il parallelo con il mito emerge attraverso la rielaborazione del “dono di morte”: come Medea si vendica inviando a Creusa dei doni avvelenati che le tolgono la vita, così Lydia fa recapitare a Gwendolen i gioielli di Grandcourt che le spettavano di diritto con le nozze e li accompagna con la sua maledizione verso il nuovo matrimonio e la nuova moglie. Il mito emerge poi nuovamente nella seconda parte del romanzo, anche se in modo meno esplicito, e riguarda Gwendolen, Daniel Deronda e Mirah. Daniel, come Giasone, è conteso tra due donne: Gwendolen, che viene rifiutata (come Medea) e Mirah che, come Creusa, Deronda sceglie di sposare per convenienza sociale e politica.
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