logo SBA

ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03192007-154958


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
Donato, Stefania
Indirizzo email
stefidonato@libero.it
URN
etd-03192007-154958
Titolo
L'internal auditing nel settore pubblico: stato dell'arte e scenari evolutivi"
Dipartimento
ECONOMIA
Corso di studi
MANAGEMENT & CONTROLLO
Relatori
Relatore Dott. Cavallini, Iacopo
Parole chiave
  • Commissione Europea
  • controlli della Corte dei Conti
  • controllo interno
Data inizio appello
26/04/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
È necessario ricordare preliminarmente che sulle aziende e le amministrazioni del settore pubblico gravitano differenti tipi di controllo:
-controlli esterni e controlli interni
-controlli preventivi, concomitanti e successivi
-controlli di legittimità e di merito
Il processo riformatore dei controlli amministrativi ha inizio nella seconda metà dell’800 e si caratterizza per il passaggio attraverso più fasi, nel corso delle quali il controllo assume differenti forme e caratteristiche.Il Decreto Legislativo n. 286 del 31 Luglio 1999 rappresenta il primo vero e proprio intervento organico in materia di controlli interni.Nel rispetto dei criteri ispiratori dell’organizzazione delle aziende pubbliche e delle loro finalità istituzionali, viene delineato un nuovo sistema di controllo che si articola su ben quattro differenti tipologie:
1. Il controllo di Regolarità Amministrativa e Contabile, deputato a presidiare, con un monitoraggio in itinere, il grado di raggiungimento della conformità ad atti e regolamenti.
2. Il Controllo di Gestione,verifica le azioni correttive poste in essere dalle singole strutture operative.
3. Il Controllo della Dirigenza,
riguarda una valutazione volta a giudicare le prestazioni dirigenziali in relazione alla misurazione degli obiettivi raggiunti e la competenza e capacità organizzativa dei dirigenti in relazione all’azione gestionale svolta e all’utilizzo e sviluppo delle risorse professionali, umane e tecnico-organizzative disponibili.
4. Controllo Strategico, costituisce il supporto del vertice politico per molteplici finalità: la realizzazione dei suoi compiti relativi all’individuazione e trattamento dei bisogni collettivi, il rendere coerente l’attività amministrativa con le mission delle istituzioni e dei risultati attesi delle politiche ed infine il rafforzamento della politica amministrativa delle istituzioni.
La stessa impostazione viene estesa agli Enti Locali attraverso il Testo Unico degli Enti Locali nel 2000:

1) Il controllo di regolarità amministrativa e contabile resta finalizzato a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa. 2 del D.lg. 286/99, in virtù del quale tale tipo di controllo è affidato agli organi appositamente previsti nei diversi comparti della Pubblica Amministrazione e, in particolare, gli organi di revisione ovvero gli uffici di ragioneria. Principio cardine del nuovo sistema resta comunque, anche per gli enti locali, la separazione tra le strutture addette al controllo di regolarità amministrativa e contabile da un lato, e dall’altro il controllo di gestione, il controllo strategico e la valutazione della dirigenza.
2) Il controllo di gestione diversamente dalle altre forme di controllo interno, viene compiutamente disciplinato nei suoi principi dagli articoli del T.U.E.L. relativamente alla sua funzione (art. 196), alle modalità applicative (art. 197) ed al contenuto del referto dell’intera attività (art. 198). Pertanto, particolare attenzione deve essere rivolta sia al contenuto della relazione revisionale e programmatica, sia a quello del P.E.G. attraverso il quale si procede ad un’ulteriore graduazione degli obiettivi.
3)Il controllo organizzativo del T.U.E.L, ovvero la valutazione dei dirigenti, ha per oggetto la valutazione della qualità delle risorse umane, ma non ovviamente con riferimento alle persone in quanto tali, bensì alle loro prestazioni e le loro capacità organizzative.
4)Tramite il Controllo strategico sarà possibile monitorare l’efficacia delle scelte politiche con progressivo approfondimento dei livelli di lettura, dal mero riscontro sulla concreta realizzazione delle scelte di indirizzo politico-amministrativo affidate agli assessori, alla determinazione dei costi e tempi di realizzazione dei progetti attuativi delle politiche pubbliche prioritarie in capo alle posizioni organizzative, fino all’analisi di dettaglio, da scheda PEG, sui profili di efficacia temporizzata dei dirigenti e responsabili dei servizi.
L’utilità pratica di questo controllo consiste proprio nella facoltà di introdurre degli intereventi correttivi agli obiettivi programmati, rimodulando le scelte ed indirizzando la struttura politico - amministrativa verso questi stessi obiettivi, sulla base di quanto riportato dai reports del controllo di gestione.
La ridefinizione delle competenze degli organismi addetti al controllo - i cosiddetti "controllers"- richiama dunque la necessità, per gli Enti Locali, di dotarsi di una rete apposita di strutture, ognuna investita di specifici compiti ed ambiti di intervento, evitando così di concentrare, a carico di un'unica struttura, funzioni concettualmente diverse, alcune di tipo più collaborativo (controllo di gestione, valutazione e controllo strategico), altre, invece, a carattere più adempimentale (controlli di regolarità amministrativa e contabile).
L’intervento normativo più importante, che seguì all’emanazione del TUEL, fu la legge costituzionale n.3 del 18 Ottobre 2001, il cui ingresso ha determinato espressamente l’abrogazione delle previsioni costituzionali di controllo preventivo esterno sulla legittimità degli atti degli enti autonomi e in altre parole, ha completamente stravolto l’assetto dei controlli previsto dal testo unico, con la conseguenza che l’intero sistema locale risultasse ora privo di efficaci strumenti di monitoraggio e garanzia sullo svolgimento delle funzioni. Si può realizzare in questo modo un circuito di responsabilità che deve riuscire a legare il controllo “politico” degli elettori nei confronti dei loro rappresentanti, con meccanismi funzionali di autocontrollo della legittimità, del merito e dei risultati dell’azione amministrativa, in funzione anche di possibili misure autocorrettive.È da qui
che ha origine l’emanazione della legge n. 131 del 2003, da parte del ministro La Loggia, attuativa della suddetta riforma costituzionale, non a caso intitolata Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 Ottobre 2001, n.3. Il fine era quello di promuovere una revisione dell’intero assetto delle funzioni amministrative e, in particolare, la previsione, nell’ambito della competenza legislativa dello Stato, di una revisione delle disposizioni in materia di enti locali per adeguarle alla legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001.
La previsione della legge La Loggia di una definizione statutaria del regime dei controlli interni, valorizza l’autonomia dell’ente, anche ai fini di un arginamento del potere di controllo sostitutivo del governo previsto dall’art.120 della Costituzione. È chiaro che l’intervento dell’Ente nella definizione dei criteri e dei metodi di tutela della legalità attraverso il sistema dei controlli interni dovrà essere sempre rispettoso dei principi di separazione tra poteri di indirizzo e poteri gestionali, e quindi calibrato in modo tale che l’eventuale intervento dell’organo di governo sia strettamente correlato alla segnalazione dell’organo preposto al controllo interno.
Da qui la spinta al quadro di adeguamento delineato dalla legge delega n.131 e la spinta a rivedere le disposizioni relative al controllo interno nell’ambito del TUEL anche per adeguarle al diverso sistema di riferimento.
La revisione del TUEL tiene conto di questo nuovo assetto e tende, in una qualche misura, ad assecondare lo sviluppo del sistema dei controlli interni, tanto più che in questo quadro si inserirebbe un nuovo ruolo istituzionale della Corte dei Conti, come garante dell’equilibrio generale del sistema economico-finanziario e strumento di coesione e di collaborazione della democrazia locale.
Questa sorta di rivoluzione, cha ha riportato l’amministrazione nella sua più propria dimensione non solo di oggetto, ma anche di soggetto del controllo ha, di recente, conosciuto un significativo sviluppo ad opera del d.l. n. 168 del 2004, convertito con l. n. 191/2004, recante “Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica”, riportando, oltre che l’introduzione di precise limitazioni di tipo sia economico che procedurale, anche nuovi adempimenti in tema di controlli amministrativi e contabili per Regioni, Province e Comuni sopra i 5000 abitanti.Si tratta però di verificare la compatibilità di tali nuove attribuzioni con il sistema dei controlli interni congegnato dal D.lgs. n. 286/99, con le competenze proprie acquisite dalle strutture e dagli organi preposti ai controlli interni, nonché la ratio che sta alla base della trasmissione del referto del controllo di gestione alla Corte dei Conti.
Ciò che più risalta, nel disegno istituzionale delineato, è la configurazione di una nuova statualità, legata alla “Repubblica delle Autonomie”, che rappresenta una precisa opzione del sistema italiano per un assetto policentrico delle istituzioni politico-territoriali, con un forte accento sul ruolo e sui poteri delle autonomie infrastatuali di diverso livello, che apre una via ad una sorta di “federalismo all’italiana”, senza con ciò far ovviamente riferimento al modello tipico di stato federale.La chiara ridefinzione della disciplina in materia dovrebbe essere l’oggetto di un nuovo “Testo Unico” che proclami superato quello precedente del 2000 ( e che tra l’altro risulta ormai incompatibile con il nuovo quadro costituzionale di riferimento), in attuazione della delega contenuta all’art. 2 della l. n. 131/03 e ormai, tra l’altro, decaduta senza che il governo fosse riuscito a dare tempestivamente corso all’emanazione delle norme delegate.Proprio al fine di soddisfare le richieste in proposito, nel Gennaio 2007, è stata emanata la legge delega n. 389/07 che ha proprio lo scopo di ripristinare la decaduta delega al Governo in materia di enti locali , ovvero promulgare una Carta fondativa dei rapporti tra diversi livelli di Governo, coniugando l’attuazione del Titolo V della Costituzione con il nuovo Codice delle Autonomie . . In questo senso contiene:
-La ridefinizione delle funzioni fondamentali degli enti locali per semplificare, ridurre i costi e consentire il controllo da parte dei cittadini ;
-La riduzione o la razionalizzazione dei livelli di governo.
Ad ogni modo, a questo punto, non resta che aspettare che il Governo colga la delega ed emani il “Codice delle Autonomie”, in una versione che sia effettivamente in grado di regolarizzare il funzionamento degli enti, coordinando le varie funzioni individuate senza sovrapposizioni, senza sprechi di risorse e senza quelle incerte ed emblematiche disposizioni che da sempre caratterizzano l’approccio italiano all’internal auditing pubblico.
Sebbene sia molto vasto il campo d’applicazione e le tipologie di azioni con le quali attuare i controlli interni, questi da soli non sono sufficienti per il corretto funzionamento di una qualsiasi amministrazione pubblica. Emerge infatti la necessità di un controllo successivo, esercitato da un organo ausiliario sia dello Stato, che delle Regioni e degli enti locali, e finalizzato esclusivamente ad un’attività di referto agli organi assembleari . La misura dell’attività di controllo è costituita dalle relazioni inoltrate agli organi rappresentativi della sovranità popolare.
Quindi abbiamo ora e in prospettiva, un robusto sistema di controlli interni, ove si esplica l’autonomia dell’ente, e una tipologia di controllo esterno e successivo esercitato in chiave collaborativa e ausiliaria dalla Corte dei Conti.
Uno dei momenti più significativi di tale indirizzo è stata l’emanazione della legge n. 20 del 14 Gennaio 1994 “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti”, finalizzata alla razionalizzazione del sistema dei controlli incentrati sulla Corte dei Conti ed in particolare su:
-controlli preventivi di legittimità della Corte;
-controllo successivo sulle amministrazioni pubbliche, regionali e locali;
-composizione e funzionamento della Corte nell’esercizio delle attività di controllo.
L’articolo principale del testo normativo ai fini della disciplina del controllo è stato l’art. 3, il quale ha dettagliatamente elencato quali sono gli ambiti che interessano la Corte, assegnandole l’incarico di svolgere un controllo di tipo preventivo e successivo.
Con la pubblicazione della sentenza n. 29 del 1995 della Corte Costituzionale, il compito della Corte, grazie alla legge n. 20/94, diventa quello di svolgere un’attività a carattere eminentemente collaborativo e ausiliario, non atta a vincolare l’autonomia degli enti locali o di qualunque altra istituzione. La legge promuove infatti l’autocontrollo da parte dell’amministrazione pubblica, prevedendo che tutto ciò che dalla Corte verrà considerato irregolare e pertanto segnalato al Parlamento, ai consigli regionali e alla stessa amministrazione interessata, porterà alla formulazione di osservazioni volte a suggerire idee risolutive di miglioramento, lasciando poi all’amministrazione la libertà di decidere le azioni da intraprendere per muoversi nella giusta direzione . Si precisa pertanto che l’attività della Corte è, in questa sede, finalizzata esclusivamente alla redazione e consegna di un referto agli organi assembleari e non ha assolutamente carattere autoritario.
La più importante riforma costituzionale mai operata dall’entrata in vigore della stessa Costituzione, tesa ad abrogare gli art. 125 e 130 attraverso la promulgazione della legge costituzionale n. 3 del 2001,sopprime
automaticamente il regime legislativo ordinario dei controlli preventivi di legittimità sugli atti degli enti locali, nonché gli organi regionali di controllo.
Si tratta altresì, di riuscire a realizzare sempre di più una sinergia tra controlli interni ed esterni, senza dimenticare che il sistema degli Enti Locali, non può fare a meno di un controllo della Corte dei Conti, che va inteso, non in senso classico come se la Corte stesse solo aspettando di cogliere l’errore nella gestione altrui, bensì come una forma di verifica sul funzionamento delle amministrazioni e dei loro servizi interni, in una logica di collaborazione e sinergia.A chiarire il complesso, confuso, approssimativo e, per certi versi contraddittorio scenario, ci pensa la legge n. 131/03, che nasce sostanzialmente allo scopo di soddisfare l’esigenza di dare attuazione al nuovo assetto dei poteri locali, derivante dalla riforma del titolo V contenuta nella legge costituzionale n. 3/01. In particolare, l’art. 2 contiene la delega per l’adeguamento della normativa statale alla Costituzione riformata, attribuendo “agli statuti dei comuni e delle province la potestà di individuare i sistemi di controllo interno, nonché i principi fondamentali dell’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali ai fini dell’attivazione degli interventi previsti dall’art 119 Cost.” e si prevede inoltre che vengano mantenuti fermi “i sistemi di controllo sugli organi degli enti locali”. In pratica, viene riconosciuta la centralità e la potestà statutaria, e quindi, il potere normativo degli enti locali, attestandosi sulla prevalente linea di tendenza che lascia che siano gli stessi enti ad organizzare e disporre le norme in merito ai controlli interni.Ciò che si evince dal susseguirsi delle disposizioni in merito ai compiti della Corte è sicuramente la compatibilità con il suo ruolo tradizionale di garante dell’Erario e organo ausiliario all’assunzione di consapevoli decisioni da parte degli enti rappresentativi delle comunità, pur marcando in maniera decisiva la relazione che necessariamente deve sussistere tra la sua funzione e l’autonomia degli enti, governata in primis da un rapporto di collaborazione.Tuttavia, l’insieme delle norme finora analizzato, pone una serie di problematiche in ordine alla compatibilità con il sistema delle autonomie locali, soprattutto alla luce delle recenti tesi federaliste che tendono ad equiordinare lo Stato alle Regioni e agli enti locali.il disegno normativo dei controlli della Corte per gli enti d’autonomia, s’è completato con la legge finanziaria per il 2006 , che ha posto a carico degli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale, l’obbligo di trasmettere alle Sezioni regionali di controllo relazioni sul bilancio preventivo e sul rendiconto, predisposte sulla base di criteri definiti unitariamente dalla Corte e rivolte a dar conto, non solo del rispetto degli obiettivi posti dal patto di stabilità e del limite costituzionale al ricorso dell’indebitamento, ma anche di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alla quale l’amministrazione non abbia adottato gli interventi correttivi segnalati dall’organo interno di revisione.La direzione verso la quale ci si muove con questo provvedimento è quella di dare concretezza ad un compito che già l’art. 7 della legge La Loggia attribuiva alla Corte dei Conti. Questo tipo di controllo risponde dunque a una duplice esigenza:
- i bilanci ed i rendiconti devono essere redatti secondo il rispetto sostanziale, non solo formale, dell’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali e secondo i principi contabili emanati dall’Osservatorio;
- deve essere salvaguardato il rispetto delle norme di finanza pubblica concernenti il patto di stabilità, i vincoli dell’indebitamento e gli equilibri di bilancio.
Tuttavia, Come se la situazione e la disciplina della Corte dei Conti in merito ai controlli esterni non fosse gia sufficientemente ricca di incongruenze e lacune, ecco che con la legge finanziaria statale per il 2007 si introduce, nello scenario dei controlli sugli enti locali, un nuovo istituto, appunto denominato “Unità di Monitoraggio”.Le competenze spettanti alla nuova unità, riguarderanno:
-la valutazione della ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento delle misure premiali previste dalla normativa vigente per gli enti locali;
-la verifica delle dimensioni organizzative ottimali degli enti locali medesimi.
Sono evidenti a questo punto, tanto le sovrapposizioni tra le funzioni di controllo della Corte e quelle dell’Unità di Monitoraggio, tanto le future problematiche che scaturiranno da una disposizione di questo tipo sul sistema delle autonomie locali, soprattutto dal punto di vista dei controlli esterni.
Nello scenario Europeo, il primo passo è senz’altro determinato dall’emanazione del “Libro Bianco: La Riforma della Commissione”, un documento emanato allo scopo di rivedere l’assetto organizzativo della stessa Commissione Europea, alla luce della necessità di un’organizzazione moderna che consenta il raggiungimento degli obiettivi prefissati attraverso i vari trattati.L’idea che s’intende portare avanti con la riforma, è quella di decentrare nelle DG le attività di controllo che al momento sono assegnate al controllore finanziario della Commissione, in modo che siano i direttori generali gli unici responsabili dell’esecuzione dei controlli interni nei loro servizi e i dirigenti lo siano a loro volta, delle decisioni finanziarie adottate.Altro presupposto è poi dato dalla redazione di un rapporto annuale da parte del direttore generale nel quale si attesti che i controlli interni siano stati posti in essere in maniera adeguata e che pertanto le risorse siano state impiegate in maniera strumentale al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Le norme, le procedure finanziarie e le norme minime relative ai controlli interni nelle DG, saranno emanate da un Servizio Finanziario Centrale, che avrà inoltre l’obbligo di fornire consulenza sulla loro applicazione ai servizi operativi della Commissione.Accanto a questo nuovo servizio, verrà inoltre adottato un Servizio di Audit Interno, che faciliti la gestione della riforma all’interno della Commissione.Ma la semplice adozione di un sistema di auditing interno non è sufficiente per assicurarne il corretto funzionamento, e viene perciò previsto un Comitato di Vigilanza per l’Audit, che si occupi di sorvegliare:
1)Lo svolgimento dei controlli alla Commissione sulla base dei risultati degli audit presentati dal Servizio di Audit Interno e dalla Corte dei Conti.
2)L’attuazione delle raccomandazioni emerse dagli audit.
3)La qualità delle operazioni di audit.
La prima parte del Libro Bianco mette in evidenza obiettivi e linee guida da seguire per adottare la riforma, la seconda parte invece definisce nel concretole azioni da porre in essere. in particolare prevede sette sottosezioni:
1.Poteri e responsabilità degli ordinatori e dei dirigenti
2.Creazione di un servizio centrale di audit interno
3.Creazione di un Servizio Finanziario Centrale
4.Gestione e controllo finanziario all’interno delle direzioni generali
5.La fase transitoria
6.Risorse umane e formazione
7.Protezione degli interessi finanziari della Comunità.
Pochi mesi dopo la pubblicazione del Libro Bianco sulla Riforma della Commissione, ci si rese conto che fosse necessaria una nuova comunicazione che rendesse più chiari alcuni degli aspetti cruciali della riforma, soprattutto in merito alla previsione della nuova funzione di internal auditing, molto più conosciuta a livello privatistico e adesso, per la prima volta, inserita nello scenario di un’istituzione pubblica.
A tal fine venne emanata la comunicazione dal titolo Conditions for the provision of an internal audit capability in each Commission service , con la quale si posero le condizioni ai fini dell’attuazione dell’az. 81 del Libro Bianco in merito alla costituzione di una Funzione di Internal Auditing . Ne è prevista la costituzione in tutte le DG della Commissione , specificandone gli obiettivi, cosi schematicamente rappresentabili:
1)Assistere il direttore generale all’interno del DG in materia di controllo dei rischi e monitoraggio dell’adesione;
2)Fornire un’opinione indipendente e obiettiva sulla qualità della direzione e del sistema di controllo interno;
3)Fare delle raccomandazioni riguardo l’aumento dell’efficacia e dell’efficienza delle operazioni ed assicurare l’economicità nell’uso delle risorse della DG.
La portata innovativa del concetto di internal audit, sta nel fatto che esso non debba essere visto come una mera attività di controllo, così come tradizionalmente recepito, bensì come uno strumento attraverso il quale sia possibile proporre soluzioni che aiutino a fronteggiare i cambiamenti, ad armonizzare l’Istituzione e a renderla al contempo più efficiente.
Una volta definite con sufficiente chiarezza condizioni, obiettivi e strumenti con i quali implementare la Funzione di Internal Audit, resta da chiarire l’ambito delle responsabilità dei vari attori chiave del controllo interno e dell’internal audit, a livello globale ma anche a livello di singola Direzione Generale.
Nel Gennaio del 2003 venne emanata infatti, una nuova comunicazione dal titolo Clarification of the responsabilities of the key actors in the domain of internal audit and internal control in the Commission , allo scopo di chiarire i ruoli dei vari soggetti coinvolti nell’ambito del controllo interno e dell’internal audit, tenuto conto di quelli che sono gli orientamenti di base dati dal Libro Bianco: Riformare la Commissione, e le nuove disposizioni dettate dal Financial Regulation , di più recente emanazione(art. 85,86 e 87).
Alla luce dell’orientamento che aveva preso l’evoluzione dei controlli interni a livello comunitario, nel 2004 si è pronunciata la Corte dei Conti delle Comunità Europee che, ha espresso un suo parere in merito ai risultati conseguiti dall’Unione al termine dell’anno 2003.I contenuti di tale documento possono essere sintetizzati in termini di una valutazione complessivamente positiva,
tuttavia, sono state mosse al contempo delle critiche in merito ad alcuni aspetti dei quadri di controllo esistenti nei vari settori del Bilancio.
Gli aspetti negativi fanno riferimento a:
-Obiettivi
-Mancanza di coordinamento
-Mancanza di informazione sui costi e sui benefici
-Applicazione incoerente
Secondo il parere della Corte, è evidente che la Commissione debba intervenire nuovamente per creare un quadro di controllo interno unitario, che riguardi tutta la Comunità, e che sviluppi i sistemi di controllo interni esistenti e ne crei al contempo dei nuovi, basandosi su concetti comuni e finalizzandoli a un impiego trasparente e ottimale delle risorse.Tale valutazione viene riportata all’interno di una nuova comunicazione pubblicata nel Giugno del 2005, dal titolo <<Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e alla Corte dei Conti Europea su un percorso verso un quadro di controllo interno integrato>> , i cui contenuti si basano essenzialmente, sull’analisi svolta dalla Commissione in merito all’individuazione dei punti deboli nella situazione attuale e le relative proposte di miglioramento, insieme alle azioni richieste per attuare un quadro di controllo adeguato, nell’ambito delle norme in vigore.
Ciò che ci si aspetta dagli Stati membri è comunque molto di più di una semplice collaborazione: ciascuno Stato dovrebbe preoccuparsi di revisionare il proprio sistema di controllo finanziario per mettere fine alle carenze in esso riscontrate.
Un sistema come quello attuale, che verta solo su una corretta impostazione dei controlli all’interno della Commissione, non risolve le problematiche alla loro origine, nell’ambito delle attività che sono svolte dai singoli Stati membri e le responsabilità per le decisioni che non spettano alla Commissione.
Nel Gennaio del 2006 viene pubblicata dalla Commissione una nuova Comunicazione, che include un piano d’azione verso un quadro di controllo interno integrato . Se con la prima comunicazione, infatti, si erano delineate le proposte finalizzate ad ottenere un controllo intergrato tra i vari sistemi, con questa, che è la più recente, si vogliono raggiungere molteplici finalità:
- Riferire in merito alle azioni adottate sulla base degli obiettivi fissati nella comunicazione di Giugno;
- Esaminare le principali carenze individuate grazie anche alla relazione annuale della Corte dei Conti del 2004;
- Individuare le principali azioni concrete da attuare e il ruolo che il Consiglio, gli Stati membri e il Parlamento europeo dovrebbero svolgere per conseguire un quadro di controllo interno integrato affidabile e funzionante, che dia affidabilità alla Commissione e, da ultima alla Corte dei Conti.
Lo scenario così configurato a livello europeo, riguarda un ordinamento normativo destinato alle Istituzioni dell’Unione, in particolare alla Commissione, lasciando a ciascun Stato membro la discrezione necessaria per la sua riforma interna, che sia in linea con le aspettative e le previsioni contenute nelle norme europee.
uno degli interventi più importanti posti in essere è stato quello di predisporre degli standard minimi di controllo interno, che fossero validi in tutte le DG della Commissione e che dessero vita ad un contesto uniforme di principi in materia di controllo interno, vista la scelta di non imporre una struttura organizzativa dei controlli uguale per tutti.
La prima versione è stata pubblicata nel 2000 e, al suo interno, si fa riferimento a 5 elementi chiave, che diventano gli ambiti entro i quali svilupare i relativi standard:
1.Ambiente di controllo
2.Prestazioni e gestione del rischio
3.Informazione e comunicazione
4.Attività di controllo
5.Revisione e valutazione
Per il 2001 fu dunque prevista l’applicazione di questi principi, riservandosi la possibilità dopo un anno di rivedere ciascuno di questi e, nel caso, modificarli. E cosi fu fatto di anno in anno, modificando di volta in volta gli aspetti meritevoli di maggiori chiarificazioni alla luce dei risultati ottenuti attraverso il monitoraggio che segue l'adozione degli standard.
A questo punto, la loro disposizione sembra sia stata utile a creare un sistema solido ed efficiente, che sia in grado di dare il suo contributo ad una sana gestione della Commissione e nel complesso, di tutta la comunità. Tuttavia, non dimentichiamo la necessità di una collaborazione tra tutti i componenti della stessa Comunità, non solo a livello di singola unità strutturale, ma in senso più esteso con riferimento agli Stati membri.








File