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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-03142013-130155


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
INSALACO, DANILA
URN
etd-03142013-130155
Titolo
Induzione di microparticelle procoagulanti da parte di una adipochina, la leptina, su cellule mononucleate umane
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Dott. Celi, Alessandro
Parole chiave
  • coagulazione
  • leptina
  • microparticelle
Data inizio appello
29/04/2013
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
29/04/2053
Riassunto
Le microparticelle, chiamate anche ectosomi e microvescicole, sono frammenti di membrana liberati virtualmente da tutte le cellule eucariote a seguito di attivazione o durante apoptosi. Considerate originariamente artefatti legati alla manipolazione in vitro delle cellule o, al più, frammenti cellulari liberati durante la necrosi e privi di significato fisiologico, le microparticelle sono state recentemente coinvolte in vari processi tra cui l'infiammazione e la coagulazione del sangue. E' stato dimostrato che microparticelle di derivazione piastrinica legano il fattore VIII della coagulazione e pertanto possono rappresentare una superficie ideale per l'assemblaggio del complesso enzimatico denominato tenasi per l'attivazione del fattore X. Questa osservazione conferma che le microparticelle sono, almeno potenzialmente, capaci di svolgere attività biologicamente rilevanti come l’infiammazione e la coagulazione. La leptina, prodotta dal gene Ob (Lep), è un ormone proteico di 16 kDa, e rappresenta uno dei principali ormoni prodotti dal tessuto adiposo. Studi recenti hanno dimostrato che la leptina è coinvolta in vari processi tra cui la proliferazione e la migrazione di cellule endoteliali, l’aumento dell’aggregazione piastrinica, l’angiogenesi e l’induzione di fattore tissutale in cellule mononucleate umane isolate da sangue periferico. Lo scopo del mio lavoro è stato quello di valutare l’ipotesi che uno dei meccanismi attraverso i quali la leptina induce aumento del rischio cardiovascolare, fosse legato all’induzione di MP pro-coagulanti da parte di cellule mononucleate umane e valutare successivamente alcuni meccanismi intracellulari che portano al rilascio di microparticelle da parte di cellule mononucleate umane dopo stimolazione con leptina. La generazione delle microparticelle è stata valutata attraverso l’utilizzo di una metodica: il test della protrombinasi, che misura la concentrazione di fosfatidilserina basandosi sulla quantita’ di trombina generata a partire dalla protrombina in una reazione fosfatidilserina dipendente. I risultati ottenuti mostrano che la leptina e’ in grado di indurre la liberazione di microparticelle procoagulanti da parte di cellule mononucleate umane in modo dose-dipendente. Per meglio capire i possibili meccanismi intracellulari che portano al rilascio di microparticelle da parte di cellule mononucleate umane dopo stimolazione con leptina, sono stati usati sia inibitori delle mitogen-activated protein kinase, per i quali e’ gia’ stato dimostrato in letteratura il loro coinvolgimento in altre condizioni sperimentali, che inibitori della via del calcio, in quanto e’ noto che l’aumento di calcio intracellulare porta alla liberazione delle microparticelle. I dati ottenuti con tre diversi inibitori di tre diverse chinasi (ERK, JNK e p38) appartenenti alla famiglia delle mitogen-activated protein kinase mostrano che la liberazione delle microparticelle, da parte di cellule mononucleate umane ottenute dopo stimolazione con la leptina, avviene attraverso un meccanismo mitogen-activated protein kinase indipendente. I dati ottenuti con gli inibitori della via del calcio mostrano invece un’inibizione della liberazione delle microparticelle, da parte di cellule mononucleate umane, ottenute dopo stimolazione con la leptina. Questi dati mostrano che la leptina e’ in grado di far rilasciare microparticelle da parte di cellule mononucleate umane e che tale rilascio e’ dovuto principalmente ad una mobilizzazione del calcio intracellulare. E’ plausibile, quindi, pensare che bloccando alcuni step di rilascio delle microparticelle si possa in qualche modo diminuire il rischio cardiovascolare nell’ obesità.
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