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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02202004-184808


Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
Bibbiani, Martina
Indirizzo email
tinabibbi76@msn.com
URN
etd-02202004-184808
Titolo
Metodologia sperimentale per l'analisi del danno primario e ossidativo indotto al DNA spermatico umano in seguito a trattamento in vitro con NaAsO2 e CdCl2
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE BIOLOGICHE
Relatori
relatore Prof. Migliore, Lucia
Parole chiave
  • spermatozoi umani
  • danno ossidativo
  • ROS
  • Arsenico
  • Cadmio
Data inizio appello
09/03/2004
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
09/03/2044
Riassunto
Le patologie a carico dell’apparato riproduttore maschile sono di notevole interesse sociale, in quanto causa dell’aumento di casi di infertilità, di malformazioni infantili e di aborti spontanei. Fattori ambientali sono stati associati a significativi cambiamenti nei parametri spermatici (concentrazione, motilità, morfologia cellulare) in numerosi studi effettuati su individui infertili, suggerendo che i testicoli possono essere considerati uno degli organi più vulnerabili all’azione di agenti ambientali chimici e fisici. Inoltre alterazioni dell’integrità del materiale genetico negli spermatozoi, sia a livello cromosomico che genomico, possono generare, se incorporate come mutazioni stabili, aborti, malformazioni, sindromi ereditarie e tumori infantili.
L’esposizione umana ai metalli, tra cui il cadmio (Cd) e l’arsenico (As), è frequentemente dovuta alla loro ubiquità, all’uso industriale e alla persistenza ambientale. L’As, contaminante ambientale classificato dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) come un cancerogeno umano (classe I), è un metalloide naturale che si trova frequentemente nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Gli arsenicali si ottengono anche come sottoprodotti del rame, del piombo e di altri metalli e in seguito al consumo di carbone. Il Cd è un metallo tossico classificato dallo IARC come un cancerogeno umano (classe I) e l’esposizione a Cd è dovuta al suo utilizzo in alcune industrie, ma per lo più al fumo di sigaretta e alla contaminazione di aria, acqua e cibo. E’ stato dimostrato che il Cd si accumula negli organi riproduttivi maschili di molte specie animali e anche per quanto riguarda l’uomo è presente in quantità variabili in modo interindividuale all’interno del plasma seminale, per cui risulta di particolare interesse lo studio dei danni citogenetici che può apportare a livello spermatico.
E’ stata proposta un’ampia gamma di meccanismi molecolari che riflette le differenti proprietà chimiche dei vari metalli; tra cui la formazione, in vivo, di complessi che vanno incontro a ossidoriduzioni producendo ROS e/o ioni metallici ad alta valenza con proprietà ossidanti nei confronti degli acidi nucleici. Alcuni prodotti del danno ossidativo al DNA, incluso la 8-idrossi-deossiguanosina (8-OH-dG) e le rotture al DNA, inducono lesioni premutazionali che possono portare a trasformazioni neoplastiche o a mutazioni stabili. Ad oggi però poco si sa sul meccanismo di induzione di tali danni ossidativi su spermatozoi umani.
Lo scopo di questa tesi è la messa a punto di un protocollo per il trattamento in vitro di spermatozoi umani con metalli di interesse ambientale, in particolare con due composti inorganici del Cd e dell’As: cloruro di cadmio (CdCl2) e arsenito di sodio (NaAsO2), e la successiva misurazione del danno genetico indotto al DNA, sia in termini di danno primario, sia in termini di danno ossidativo. Per tali esperimenti sono stati preliminarmente esaminati alcuni parametri sperimentali quali le condizioni di coltura e il terreno di coltura da utilizzare per gli spermatozoi. In seguito è stato eseguito un esperimento preliminare, per la determinazioni dei tempi e delle dosi dei trattamenti in vitro, in cui è stato valutato l’effetto del trattamento sulla motilità spermatica.
Per ognuno dei cinque campioni spermatici sono stati effettuati quindi trattamenti in vitro di 60 minuti con solo terreno di coltura e con tre dosi di controllo positivo (50, 100 e 200 microM); inoltre per i primi tre sono stati effettuati trattamenti con quattro dosi di NaAsO2 (5, 10, 50 e 100 microM), mentre gli altri due campioni sono stati trattati con quattro dosi di CdCl2 (5, 10, 50 e 100 microM).
In seguito al trattamento è stata valutata la motilità spermatica per ogni punto sperimentale di ogni donatore valutando la percentuale di spermatozoi con motilità rettilinea lenta e veloce. Inoltre su ogni campione, mediante l'applicazione del test della cometa (SCGE, single cell gel electrophoresis) nella versione modificata, è stata valutata l’induzione di danno primario e ossidativo al DNA spermatico dovuta al trattamento. Questo sistema sperimentale fa uso di enzimi lesione-specifici (endonucleasi III e formammidopirimidina glicosilasi) con attività glicosilasica e liasica, che convertono le basi ossidate in rotture a singolo filamento, permettendo quindi di evidenziare oltre al danno primario indotto al DNA dalle due sostanze, anche l’ossidazione di pirimidine e purine, inclusa la formazione di 8-OH-dG, tipico marcatore di danno ossidativo. Le analisi dei preparati sono state effettuate mediante il sistema di acquisizione di immagini al microscopio a fluorescenza (Komet 5.5).
Dai risultati ottenuti è emerso che il controllo positivo (H2O2) induce una forte diminuzione della motilità, in particolar modo alla dose 200 microM, in tutti i donatori e induce anche un significativo aumento di danno primario, misurato con il test della cometa, valutato tramite il test statistico non parametrico di Friedman.
Per quanto riguarda il trattamento con i metalli, invece, non è stato trovato alcun effetto significativo, né in relazione alla motilità, né al danno genetico. Tale risultato potrebbe derivare dal fatto di aver utilizzato un protocollo per il test della cometa in spermatozoi (McKelvey-Martin et al., 1997) probabilmente non sufficientemente sensibile da poter rilevare livelli di danno al DNA inferiori a quelli provocati dal controllo positivo, oppure i composti metallici da noi utilizzati potrebbero esercitare un’azione genotossica (ad esempio formazione di crosslinks) in parte non evidenziabile tramite il test della cometa, che misura l’induzione di danno al DNA in termini di rotture a singola e doppia elica.
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