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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02152013-114916


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
LA FERLA, MARCO
URN
etd-02152013-114916
Titolo
Identificazione di interattori funzionali della Poli(ADP-ribosil)polimerasi-1 mediante uno screening genetico in Saccharomyces cerevisiae
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOTECNOLOGIE MOLECOLARI E INDUSTRIALI
Relatori
relatore Prof. Galli, Alvaro
Parole chiave
  • PARP-1
  • Yeast Deletion Pool
  • Saccharomyces Cerevisiae
  • Inibitori della Poli(ADP-ribosil)polimerasi-1
  • Screening genetico
Data inizio appello
07/03/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nell’uomo, il gene PARP1 che codifica per l’enzima nucleare Poli(ADP-ribosil)polymerase-1, gioca un ruolo chiave in un’ampia varietà di processi che avvengono all’interno del nucleo della cellula, quali la trascrizione, l’integrità del genoma e mantiene la corretta struttura della cromatina. È stato osservato che mutazioni o alterazioni dell’espressione o attività di questa proteina sono spesso associate a difetti nella differenziazione cellulare e all’insorgenza di tumori. Infatti, gli inibitori di PARP sono usati come coadiuvanti nelle terapie antitumorali e antinfiammatorie. La resistenza agli inibitori di PARP che si manifesta in alcuni pazienti, non è stata ancora studiata in maniera approfondita. Scopo di questa tesi è identificare interattori funzionali di PARP1 utilizzando un sistema di screening genetico in S. cerevisiae. Per prima cosa, abbiamo determinato gli effetti dell’espressione di PARP1 in ceppi di lievito Saccharomyces cerevisiae sia aploidi che diploidi utilizzando il plasmide pYES2 che possiede un promotore inducibile per il galattosio a monte del gene PARP1 che ci consente così di indurne l’espressione in terreno di coltura contenente galattosio. Esperimenti di Western Blot dimostrano che il lievito è capace di esprimere PARP1. Abbiamo confermato che l’espressione di questo gene induce un’inibizione della crescita dei ceppi presi in esame. Per provare quindi che questo fenotipo sia dovuto all’attività polimerasica della proteina PARP1, abbiamo trattato le cellule esprimenti PARP1 con un inibitore specifico della sua attività enzimatica, il 6(5-H)-Phenantridinone (PHE). Abbiamo fatto quindi crescere le cellule in terreno contenente galattosio, così da far indurre l’espressione della proteina, assieme a concentrazioni scalari di tale inibitore. Dopo 24 ore di incubazione a 30° C in agitazione, abbiamo notato un significativo incremento della crescita di quelle colture alle concentrazioni più elevate di concentrazione di PHE. Abbiamo sfruttato questo particolare fenotipo per identificare possibili interattori funzionali di PARP1 utilizzando un sistema di screening genetico costituito da un “pool” di 4,741 ceppi di lievito diploidi ognuno dei quali porta una specifica delezione di un gene non essenziale fiancheggiata da due sequenze specifiche di DNA (“barcode”) che ci consentiranno di identificare quale è il gene deleto in questione. Abbiamo quindi trasformato questo pool di cloni con il plasmide pYES2-PARP1 che permette l’espressione della proteina solo in galattosio e contiene il gene di lievito URA3 come marcatore di selezione. Quindi abbiamo piastrato le cellule trasformate su terreno privo di uracile e contenente galattosio così da indurre l’espressione del gene PARP1. Le colonie cresciute porteranno una delezione di un gene che favorisce il ripristino della crescita. Questo significa che il gene in questione può essere coinvolto nella modulazione o regolazione dell’attività di PARP1. I cloni cresciuti in galattosio sono in totale 150. Da ognuno di loro abbiamo estratto il DNA genomico e amplificato per PCR una regione di 600 coppie di basi contenente il “barcode”. L’analisi delle sequenze ha permesso di identificare 110 geni che potrebbero rappresentare dei possibili interattori funzionali di PARP1. I dati sono in corso di studio per determinare gli omologhi nell’uomo e valutare se questi nuovi geni abbiano un ruolo nella resistenza agli inibitori di PARP.
Studi futuri si baseranno nell’identificare quali tra questi interattori potranno essere testati come nuovi target terapeutici con lo scopo finale di poter mettere appunto delle terapie personalizzate e quindi meno nocive per i pazienti.
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