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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02142012-165558


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
LAMHIE, KAMALE
URN
etd-02142012-165558
Titolo
L'involuzione della cooperazione italiana allo sviluppo
Dipartimento
INTERFACOLTA'
Corso di studi
SCIENZE PER LA PACE: COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO, MEDIAZIONE E TRASFORMAZIONE DEI CONFLITTI
Relatori
relatore Scaramuzzino, Carmelo
Parole chiave
  • legge 49/87
  • Fondo Aiuti Italiano
  • Decreto missioni
Data inizio appello
15/03/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/03/2052
Riassunto
Il presente lavoro si riferisce ad un ambito molto complesso e di non facile
lettura – la Cooperazione allo Sviluppo italiana –, che in trent’anni di storia non
ha registrato alcun miglioramento, anzi, col passare degli anni è andata sempre
peggiorando di giorno in giorno. Il problema principale di tale involuzione è dato
dalla legge n. 49 del 1987.
Affermare che la legge 49/87 appartenga al secolo scorso, non è retorica, dal
momento che le Nazioni, le Società Civili, le istituzioni e gli altri soggetti attivi
nella solidarietà e nella cooperazione internazionale, rappresentano oggi un
contesto radicalmente diverso da quello in cui operò il legislatore 25 anni or sono.
Ciò che, purtroppo, resta immutabile con il passare degli anni, è il divario tra
Nord e Sud del mondo, tra ricchezze e povertà, tra processi di integrazione tra
privilegiati ed emarginazione di un numero crescente di esclusi. Le luci della
mondializzazione proiettano ombre inquietanti su miliardi di persone private della
loro dignità, dei loro diritti e della loro stessa vita.
Non solo la fine del sistema bipolare sancito con la caduta del muro di Berlino,
ma anche i processi riformatori che le realtà nazionali ed internazionali hanno
intrapreso per fronteggiare le nuove sfide della comunità internazionale,
sanciscono il definitivo superamento di uno strumento legislativo voluto in epoca
diversa.
Gli attentati terroristici dell’11 settembre hanno drammaticamente riproposto
l’urgenza e la necessità impellente di una convergenza a livello mondiale capace
di vincere quella che è stata definita la “guerra del terzo millennio” agendo sulla
rimozione delle cause di quella miseria e disperazione che offrono terreno fertile
alle strumentalizzazioni della criminalità organizzata ed ai fondamentalismi
ideologici e religiosi.
Dal 2001 in poi, il nesso tra Cooperazione allo Sviluppo e sicurezza assume priorità politica fondamentale per costruire un futuro sostenibile per l’intera comunità internazionale.
Sconfiggere la povertà e la miseria, garantire i diritti di tutti gli esseri umani,
instaurare maggiore giustizia sociale, affrontare le nuove frontiere delle migrazioni, sono le finalità che impone la presa di coscienza delle fondamenta di una buona politica di cooperazione internazionale.
Rendere efficaci ed efficienti le normative, i meccanismi e le architetture della
cooperazione internazionale è il passo conseguente che deve tradurre in forme
legislative e gestionali adeguate una rinnovata volontà politica di tutti coloro che
intendono assumere le rispettive responsabilità nel raggiungimento del bene
comune e della giustizia sociale per tutti.
Alla luce di questo mutato contesto molti Paesi europei hanno adeguato le loro
legislazioni e le loro norme in materia di politica di cooperazione internazionale.
In Italia, già nei primi anni ’90 i principali attori della cooperazione internazionale hanno avvertito la necessità di procedere ad una riforma della legge 49/87, avviando diversi “cantieri di lavoro” che hanno prodotto successive proposte sfociate nell’iter parlamentare, sfumato all’ultimo, di fine legislatura all’epoca del governo di centro sinistra (nrd Prodi).
Nel frattempo, una politica miope e contraddittoria ha voluto una crisi
finanziaria e gestionale che ha condotto alla marginalizzazione della Cooperazione allo Sviluppo ed alla progressiva drammatica riduzione degli stanziamenti del nostro Paese per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo.
La crescente burocratizzazione che rende insostenibili i tempi di approvazione
dei progetti e di stanziamento dei fondi; la sempre minore sensibilità verso azioni
di lungo periodo, le uniche in grado di agire sui nodi drammatici del sottosviluppo
e della povertà, limitando sempre più spesso l’intervento alle varie emergenze; le
confusioni e sovrapposizioni di competenze a livello istituzionale nella gestione
hanno definitivamente compromesso l’attività di cooperazione del nostro Paese.
Tutto questo porta a proporre alla politica, alle istituzioni ed alla società civile un percorso partecipato che abbia come obiettivo la definizione di una legge nuova, che non sia la semplice riformulazione della legge 49/87, che dia respiro, dignità e priorità alla Cooperazione allo Sviluppo come una delle politiche
prioritarie per un Paese che legittimamente ambisce ad un ruolo internazionale significativo e che prenda sul serio la responsabilità nei confronti dei destini futuri dell’umanità e dei suoi cittadini.
Il rilancio della Cooperazione allo Sviluppo italiana necessita di una legge snella, asciutta, articolata in modo essenziale, al fine di definire le grandi linee di una cooperazione intesa come scelta strategica dell’Italia. Tale legge deve rifuggire logiche conservative e punitive, ma piuttosto incentivare innovazione e sperimentazione di soggetti e azioni, quali:
 L’elaborazione, la discussione e l’approvazione della nuova legge devono essere di competenza del Parlamento, prevedere un reale ed ampio coinvolgimento degli attori istituzionali e non governativi, e assumere ogni iniziativa per una convergenza “bipartisan”;
 Essa deve definire i ruoli, le responsabilità ed i compiti che i soggetti attivi dovranno assumere;
 Deve stabilire chiaramente le attribuzioni delle funzioni di orientamento, controllo, gestione e valutazione tra i vari attori coinvolti.
La nuova legge deve confermare il concetto secondo il quale la Cooperazione allo Sviluppo è parte essenziale della politica estera dell’Italia:
 Essa deve essere concepita come lo strumento per il conseguimento della pace, della giustizia sociale e della salvaguardia dei beni comuni, promuovendo un modello di sviluppo sostenibile, e sostenendo programmi e azioni di lotta alla povertà e alle discriminazioni;
 Deve sancire la pari dignità della Cooperazione allo Sviluppo con le altre componenti della politica estera del nostro Paese. In questo senso non può in nessun caso essere confusa o avere commistioni con altre azioni internazionali che non contemplino tali finalità, quali ad esempio la penetrazione commerciale e l’internazionalizzazione delle imprese, o
le operazioni militari.
La sussidiarietà deve essere il principio sul quale fondare l’operatività della nuova legge. Da esso si devono far discendere gli assetti strutturali e gestionali:
 La legge deve prevedere meccanismi di integrazione tra pubblico e privato, anche nel reperimento e nella gestione delle risorse necessarie ad un adeguamento della cooperazione italiana agli standard ed obiettivi assunti in sede di comunità internazionale;
 La gestione e la realizzazione delle iniziative e dei programmi di cooperazione internazionale dovranno essere condotte con una stretta applicazione del principio di sussidiarietà;
Il panorama italiano dei soggetti attivi nella cooperazione allo sviluppo si è grandemente arricchito nel corso degli anni. Questo patrimonio di esperienze e disponibilità deve essere valorizzato e recepito dal nuovo ordinamento giuridico:
 Il rapporto tra istituzioni e soggetti privati deve essere improntato al riconoscimento della “soggettività politica e dell’autonomia operativa” degli attori;
 Deve procedere unicamente alla definizione delle regole e dei criteri di accesso ai finanziamenti pubblici e agli ambiti di interazione, alla luce del criterio di massima semplificazione delle procedure e degli iter burocratici;
 La legge deve prevedere meccanismi di monitoraggio costante ed efficace per la verifica del mantenimento dei requisiti di eleggibilità
degli attori coinvolti.
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