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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02132014-193318


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TURCO, MARINA
URN
etd-02132014-193318
Titolo
Mafia: ipotesi di una soluzione nonviolenta. Esperienze e testimonianze
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
SCIENZE PER LA PACE: COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E TRASFORMAZIONE DEI CONFLITTI
Relatori
relatore Prof. Gallo, Giorgio
correlatore Prof. Cozzo, Andrea
controrelatore Prof. Paolinelli, Andrea
Parole chiave
  • modello
Data inizio appello
13/03/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi si occupa di descrivere l'ipotesi di una soluzione nonviolenta per il conflitto che oppone Stato e società civile alla mafia. Il primo capitolo ricostruisce le radici storiche e antropologiche del fenomeno in Sicilia. Inoltre traccia il percorso della legislazione antimafia a partire dagli anni '60, e fino ai nostri giorni, con lo scopo di inquadrare le strategie intraprese dall'ordinamento statale per fronteggiarne la diffusione. Si descrive anche l'azione della società civile di fronte all'escalation del conflitto. Nel secondo capitolo si esplora la dottrina della nonviolenza concepita da Gandhi e che costituisce l'architettura epistemologica cui la tesi si ispira. Ma l'analisi euristica del lavoro si lega anche agli strumenti e alle categorie concettuali della teoria dei conflitti di Johan Galtung e degli studi sulla conflittualità nonviolenta di Andrea Cozzo che declinano la visione gandhiana. La descrizione teorica punta ad approfondire la natura del conflitto mafioso e le sue caratteristiche, e mette poi a fuoco le categorie della nonviolenza che possono essere usate per individuare soluzioni trasformative in una visione sistemica del problema. La tesi traccia i diversi livelli della lotta alla mafia riassumendo le sue evoluzioni nella storia più recente. Ma si assume anche il compito di analizzare i comportamenti nonviolenti, spesso inconsapevoli, di alcuni attori in conflitto: uomini dello Stato (dalla Chiesa, Falcone, Borsellino), esponenti della società civile (Grassi, Addiopizzo, Libera), pentiti (Buscetta), testimoni di giustizia (Piera Aiello), ex mafiosi (Saia). Con grafici e modelli vengono descritte alcune ipotesi di lavoro legate alla necessità di politiche e azioni trasformative da parte dello Stato per il superamento del conflitto. Il terzo capitolo è dedicato all'esperienza e alla testimonianza di Danilo Dolci, l'educatore che in Sicilia ha praticato la nonviolenza contro la mafia e contro la miopia statale. L'analisi descrive un'opera esemplare per efficacia e creatività e spiega il metodo con cui Dolci praticò una strategia di pace servendosi della maieutica, del dialogo, dell'empowerment, del confronto di comunità. Il quarto capitolo ricostruisce il dibattito che negli anni '90 fu avviato dalla rivista Mosaico di Pace di Pax Christi alla vigilia della stagione delle stragi mafiose. Studiosi, saggisti, sociologi e attivisti nonviolenti (Minervini, Sanfilippo, Cozzo, Borsellino) nell'arco di un ventennio hanno scritto e discusso sul grande potenziale della dottrina nonviolenta contro la mafia. Dottrina che nel tempo si è arricchita di un vasto registro di categorie come la mediazione penale, le botteghe del diritto, i programmi costruttivi, evocati come strumenti possibili per modificare la strategia antimafia e sperimentare nuove soluzioni per strapparle consenso e affiliazioni nel futuro.Il quinto capitolo costituisce un epilogo sperimentale per una tesi che vuole spingersi sul campo di una pratica diretta della nonviolenza. Contiene un dialogo a tu per tu con Angelo Provenzano, figlio del boss Bernardo. C'è il ricorso alla prassi nonviolenta (declinata anche da altri seguaci di Gandhi come Capitini, Lanza del Vasto, Sharp, Muller) con l'uso del dialogo e del rispecchiamento nell'avversario. Ne risulta un'esperienza che dà speranza. Lo testimoniano le parole aperte e talvolta toccanti di Angelo Provenzano. Ne risulta anche un tentativo di esplorazione di un campo avverso, suggerito dalle riflessioni di studiosi e pratici di una nonviolenza pionieristica, ancora assente dal ragionamento dei policy maker.
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