ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02042020-135453


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
TRAVKINA, LINA
URN
etd-02042020-135453
Titolo
Ritardo diagnostico nell'esofagite eosinofila: studio retrospettivo di un singolo centro.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. de Bortoli, Nicola
Parole chiave
  • Esofago
  • Esofagite eosinofila
Data inizio appello
10/03/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
10/03/2090
Riassunto
L’esofagite eosinofila (EoE) è una malattia cronica, immuno-mediata (o antigene-mediata) caratterizzata da un’infiltrazione eosinofila limitata alla mucosa esofagea. Clinicamente si manifesta con i sintomi attribuibili alla disfunzione della funzione esofagea (disfagia) , che, ulteriormente, se non trattata, può dar luogo allo sviluppo di una fibrosi esofagea. Siamo in presenza di una malattia i cui caratteri sono stati definiti in maniera precisa solo recentemente. Ѐ una malattia rara; in ogni caso, nella gerarchia delle malattie dell’esofago in Europa e negli USA, l’EoE e da diversi decenni è al secondo posto per prevalenza, dopo la malattia da reflusso gastroesofageo. L'EoE è la causa principale della disfagia e degli episodi acuti (impatto del bolo in esofago), in particolare nei bambini e nei giovani.
Le prime descrizioni dell'eosinofilia esofagea risalgono agli anni '70 del novecento. All'inizio degli anni' 90, l’EoE è stata configurata in una sindrome clinica, caratterizzata da disfagia sullo sfondo di un’infiammazione eosinofila persistente (più di 15 eosinofili/per alto campo di ingrandimento microscopico) a livello della mucosa esofagea. Successivamente, è stato riscontrato essere indipendente dalla presenza di reflusso gastroesofageo . Dal momento in cui l’EoE è stata rappresentata in una forma nosologica definita e separata, la diagnosi dell’EoE è cresciuta in una progressione esponenziale, la quale ha favorito, a sua volta, un gran numero di pubblicazioni scientifiche su questo tipo di patologia, considerata nelle sue manifestazioni differenziate. In precedenza l’EoE era stata considerata una malattia rara. Gli studi epidemiologici, condotti sucessivamente, hanno dimostrato che tale patologia non è affatto rara, e che ha un’incidenza annuale simile a quella del morbo di Crohn .
Diremmo in prima istanza che l’EoE è una malattia atopica, scatenata prevalentemente da antigeni alimentari e/o aeroallergeni. L'eziologia rimane ancora sconosciuta, per quanto la predisposizione o la presenza di una condizione allergica rimanga la condizione più probabile. Non è un caso, infatti, che un buon numero di studi abbia formulato l’ipotesi di un ruolo eziologico centrale delle allergie alimentari e aero-allergeniche nell’insorgenza della patologia.
Una volta che sia stato posto un sospetto clinico, i pazienti, dopo aver completato una terapia massimale antireflusso con inibitori della pompa protonica (PPI), vengono sottoposti a un’endoscopia esofago-gastroduodenale (EGD). La diagnosi di EoE viene confermata da una o più biopsie esofagee che mostrano almeno 15 eosinofili per campo come valore di picco.
Nonostante la buona conoscenza attuale della malattia e i continui progressi della ricerca, la diagnosi e il trattamento dell'EOE rimangono abbastanza problematici, richiedendo in primo luogo un impegno multidisciplinare con il coinvolgimento di allergologi, gastroenterologi e nutrizionisti. Una delle ragioni per le quali la diagnosi rivela la sua interna complessità è la mancanza di marcatori non invasivi nel processo diagnostico e nel folow-up, che attualmente continuano a basarsi sulle procedure endoscopiche, comprese le biopsie multiple. Le attuali opzioni di trattamento non sono perfezionate in maniera del tutto specifica e continuano ad avere un impatto negativo sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, essendo peraltro associate a rilevanti effetti collaterali.
Le linee di ricerca attuali sono indirizzate a creare possibilità di strategie terapeutiche specifiche per il trattamento di una malattia sempre più diffusa. L’evoluzione della patologia non è sufficientemente conosciuta, per quanto si debba ritenere che nella stragrande maggioranza dei casi comporti una sua cronicizzazione. Prova ne sia che pazienti persi nel follow-up clinico e che una volta diagnosticati abbiano optato di non seguire il trattamento consigliato, si ripresentano dopo qualche anno con segni di disfagia più severi, che non hanno una risoluzione spontanea.

File