Tesi etd-02042016-093617 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BURATTI, CATIA
URN
etd-02042016-093617
Titolo
Profili giuridici delle agro-energie: il contemperamento delle esigenze energetiche con quelle alimentari.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Goldoni, Marco
Parole chiave
- agro-energie
- energy security
- food security
Data inizio appello
22/02/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Lo scenario giuridico delle agroenergie, parte di quello più ampio delle fonti di energia rinnovabili, deve essere esaminato nella dimensione nazionale ed europea, senza trascurare il contesto internazionale.
Svolgendo una lettura in chiave critica di quelle che oggi possono definirsi le luci ed ombre del diritto agrario italiano ed europeo, nel suo divenire tra innovazione tecnologica e sostenibilità, emerge chiaramente come, nell'ambito delle agroenergie, qualcosa non abbia funzionato, rivelando ben presto molteplici conflittualità rispetto al favor iniziale.
Certamente l'interesse crescente per le agroenergie, nel contesto europeo, muove da fattori in parte comuni a quelli che insistono sulla scena mondiale, che hanno influenzato le scelte di politica ambientale, prima, ed energetica poi, seguendo un iter che ha visto gettare le basi giuridiche attraverso una serie di atti normativi adottati dalle Istituzioni europee e, dopo Lisbona, divenire il fondamento dei nuovi obiettivi all'interno di una specifica politica energetica dell'Unione.
C'è da dire che, per l’operatore giuridico, il fatto di muoversi in un quadro normativo a più livelli, strutturato nell’ambito comunitario, sul binario regolazione-attuazione, non ha reso agevole la ricostruzione dell’assetto normativo sulle agroenergie.
In primo luogo, occorre sottolineare come la portata dell’espressione “agroenergie” a livello europeo sia meno ampia rispetto a quella adottata da parte del legislatore nazionale il quale, mediante forzature e tecnicismi, finisce per dilatare l’ambito di operatività dell’art.2135 c.c., suscitando notevoli perplessità.
Infatti il legislatore, seppure a fini fiscali, in presenza di determinati presupposti e mediante il ricorso al vincolo della connessione, riconduce entro il perimetro dell’agrarietà anche l’attività fotovoltaica, diventando anche tale attività “agricoltura”.
Ciò ha comportato notevoli problemi di coordinamento e di contemperamento con l'apparato della legislazione speciale agraria comportando problemi di “coerenza di sistema” per l’ampliamento dell'agrarietà, definita “virtuale” da autorevole dottrina agraristica.
Del resto, il legislatore del 2001 sembra aver intrapreso questo percorso con il superamento della concezione “fondiaria” di agricoltura e l'accoglimento del criterio del ciclo-biologico come elemento identificativo dell'agrarietà, rendendo non necessario l'uso diretto del fondo nelle attività di coltivazione dello stesso e di allevamento di animali.
Le agroenergie, quindi, iniziano a mostrare le prime criticità sul fronte delle “ricadute intrasistematiche”, nel rapporto con il diritto agrario classico, in riferimento al loro coinvolgimento come attività agricole primarie e connesse, prodotti e sottoprodotti, rifiuti, fattori di produzione e strutture ad esse destinate o destinabili.
Inoltre, il rapporto tra agroenergie e diritto agrario assume contenuti e tensioni di differenti intensità in merito all'uso competitivo del suolo agricolo, ma anche alle crescenti preoccupazioni sui rischi che la sottrazione del terreni agricoli può implicare sulla food security, essendo, questi ultimi, naturalmente destinati alle colture energetiche, per l’esclusione dei terreni forestali e delle aree protette.
C’è da dire che il sistema agroalimentare europeo, a partire dagli anni Ottanta, è stato regolato in modo tale, da indurre gli operatori del settore primario a sottrarre parte dei loro terreni agricoli alla produzione alimentare.
Le eccedenze produttive prima, gli obblighi assunti in sede di WTO poi, hanno comportato che il legislatore europeo sia intervenuto più volte sulla politica agricola comunitaria, al fine di indirizzarla maggiormente verso traguardi e scopi differenti dalla food security, segnando il passaggio verso l'aspetto della salubrità dei prodotti agricoli, nell'accezione di food safety.
Al centro della rivalità tra produzione alimentare ed energetica si pone, quindi, l'utilizzo della terra, un problema che necessita di opportuni contemperamenti e che vede schierati interessi contrapposti: da un lato, la produzione di energia e l'iniziativa economica dell'imprenditore agricolo, dall'altro, la sovranità alimentare ed il diritto al cibo.
Il dibattito si incentra soprattutto a livello europeo e internazionale, sulle ricadute della produzione agroenergetica nella lotta all'insicurezza alimentare, e con la discussione del modello stesso di agricoltura che si è andato incentivando e promuovendo negli ultimi anni.
L'espansione delle agroenergie finisce per incidere, direttamente o indirettamente, sulla food security non potendo, quindi, lasciare indifferenti non solo gli operatori giuridici, ma anche istituzioni e organi pubblici europei e nazionali, nonché tutte le componenti della realtà socio-economica.
Lo sviluppo incontrollato della destinazione delle terre agricole alle coltivazioni energetiche e all'insediamento degli impianti per le energie rinnovabili se, da un lato, ha comportato un rischio tendenziale di riduzione dell'autoapprovvigionamento alimentare entro i confini dell'Unione, dall'altro, ha determinato un impatto negativo reale per i paesi terzi, accrescendo l'insicurezza alimentare dentro i confini extraeuropei.
Emergono, quindi, molteplici spunti di riflessione e interrogativi per l'operatore giuridico, in riferimento a quali e quanti siano i limiti al coinvolgimento del settore primario nell'ottenimento delle agroenergie, a quali accorgimenti occorra adottare nell'ambito dell'agricoltura che produce alimenti ed energia, ed infine prospettare un bilanciamento tra gli interessi pubblici sottesi alle diverse funzioni demandate all'agricoltura.
La rassegna del percorso si caratterizza in ragione della trasversalità della materia in oggetto e per l'intrecciarsi delle esigenze energetiche con quelle alimentari e del relativo inquadramento giuridico, che per certi aspetti si caratterizza per la frammentarietà, mentre per altri, rappresenta l'organicità di un macrosistema.
Nell'analisi delle relazioni tra diritto delle agroenergie e legislazione speciale agraria con le conseguenti difficoltà di coordinamento, nonché tra agroenergie e right to food si individuano le potenziali cause che hanno determinato la riemersione della food security in Europa.
Dopo il Trattato di Lisbona, il legislatore europeo ha concentrato la sua attenzione sulla necessità di garantire la sicurezza energetica dell’Unione, incentivando la promozione e lo sviluppo di fonti di energie alternative in cui l'agricoltura rappresenterebbe il “settore chiave” per due ordini di motivi.
Le agroenergie, infatti, sono valutate come fonte di energia alternativa in grado di garantire allo stesso tempo la massima sicurezza energetica e un impatto ambientale meno invasivo.
Tuttavia il settore emergente delle agroenergie, così accattivante agli occhi di operatori economici ed imprenditori agricoli, per la possibilità di diversificare la produzione ma anche per l'evidente
vantaggio remunerativo, inizia a manifestare dei problematici risvolti negativi.
Le politiche incentivanti, unite alla scarsa lungimiranza con cui il legislatore europeo ha definito i contenuti della riforma di medio termine, hanno inevitabilmente causato una notevole riduzione delle commodities alimentari. Conseguentemente le colture energetiche sono state messe sotto accusa.
Occorre riequilibrare le esigenze connesse alla funzione essenziale dell’agricoltura ovvero quella di produrre cibo per l’umanità, attraverso i canoni della sicurezza e della sostenibilità.
Nel ripercorrere le tappe dell'evoluzione della legislazione europea nella riscoperta del ruolo assegnato al settore agricolo si assiste ad un'inversione di tendenza, verso un rinnovato interesse per la funzione produttiva dell'agricoltura.
Il contesto in cui la nuova Pac si inserisce appare, infatti, dialmetralmente opposto rispetto a quello che aveva promosso la Riforma di metà periodo, fortemente ispirata dalle istanze ambientali e che ha portato allo svilimento della finalità produttiva dell’agricoltura.
Attraverso il termine “razionale” di cui all'art.39 Tfue, occorre riqualificare il modus operandi da adottare all’interno della Pac in riferimento alla produzione agricola.E’ proprio sul concetto di razionalità che il legislatore europeo dovrebbe convergere verso una politica conciliante della produzione agroalimentare, della produzione agroenergetica e dello sviluppo sostenibile.
In particolare, seguendo il canone della sostenibilità alimentare, a livello sia europeo sia nazionale, sarebbe auspicabile promuovere la produzione di quelle agroenergie veramente “sostenibili” ossia di quelle attività che non comportano la sottrazione dei terreni alle coltivazioni alimentari come, ad esempio, l’impiego della sola biomassa agricola.
Sotto altro profilo, sarebbe opportuno aumentare il livello di tutela dei terreni agricoli attraverso l’adozione di misure di programmazione della produzione ed escludendo o, quanto meno, riducendo gli spazi delle zone agricole destinate all’ubicazione degli impianti. Infine, un aiuto può arrivare dall’ingegneria genetica con l’impiego di biofuels intelligenti che possono contribuire alla riduzione del consumo dei terreni agricoli.
Tali considerazioni riemergono in parte nella nuova PAC che cerca, quindi, un punto di equilibrio fra la necessità di consentire al settore primario di produrre anche allo scopo di diversificare le fonti di approvvigionamento di energia e il bisogno imprescindibile che l’agricoltura sia indirizzata, innanzitutto, al soddisfacimento del fabbisogno alimentare.
Svolgendo una lettura in chiave critica di quelle che oggi possono definirsi le luci ed ombre del diritto agrario italiano ed europeo, nel suo divenire tra innovazione tecnologica e sostenibilità, emerge chiaramente come, nell'ambito delle agroenergie, qualcosa non abbia funzionato, rivelando ben presto molteplici conflittualità rispetto al favor iniziale.
Certamente l'interesse crescente per le agroenergie, nel contesto europeo, muove da fattori in parte comuni a quelli che insistono sulla scena mondiale, che hanno influenzato le scelte di politica ambientale, prima, ed energetica poi, seguendo un iter che ha visto gettare le basi giuridiche attraverso una serie di atti normativi adottati dalle Istituzioni europee e, dopo Lisbona, divenire il fondamento dei nuovi obiettivi all'interno di una specifica politica energetica dell'Unione.
C'è da dire che, per l’operatore giuridico, il fatto di muoversi in un quadro normativo a più livelli, strutturato nell’ambito comunitario, sul binario regolazione-attuazione, non ha reso agevole la ricostruzione dell’assetto normativo sulle agroenergie.
In primo luogo, occorre sottolineare come la portata dell’espressione “agroenergie” a livello europeo sia meno ampia rispetto a quella adottata da parte del legislatore nazionale il quale, mediante forzature e tecnicismi, finisce per dilatare l’ambito di operatività dell’art.2135 c.c., suscitando notevoli perplessità.
Infatti il legislatore, seppure a fini fiscali, in presenza di determinati presupposti e mediante il ricorso al vincolo della connessione, riconduce entro il perimetro dell’agrarietà anche l’attività fotovoltaica, diventando anche tale attività “agricoltura”.
Ciò ha comportato notevoli problemi di coordinamento e di contemperamento con l'apparato della legislazione speciale agraria comportando problemi di “coerenza di sistema” per l’ampliamento dell'agrarietà, definita “virtuale” da autorevole dottrina agraristica.
Del resto, il legislatore del 2001 sembra aver intrapreso questo percorso con il superamento della concezione “fondiaria” di agricoltura e l'accoglimento del criterio del ciclo-biologico come elemento identificativo dell'agrarietà, rendendo non necessario l'uso diretto del fondo nelle attività di coltivazione dello stesso e di allevamento di animali.
Le agroenergie, quindi, iniziano a mostrare le prime criticità sul fronte delle “ricadute intrasistematiche”, nel rapporto con il diritto agrario classico, in riferimento al loro coinvolgimento come attività agricole primarie e connesse, prodotti e sottoprodotti, rifiuti, fattori di produzione e strutture ad esse destinate o destinabili.
Inoltre, il rapporto tra agroenergie e diritto agrario assume contenuti e tensioni di differenti intensità in merito all'uso competitivo del suolo agricolo, ma anche alle crescenti preoccupazioni sui rischi che la sottrazione del terreni agricoli può implicare sulla food security, essendo, questi ultimi, naturalmente destinati alle colture energetiche, per l’esclusione dei terreni forestali e delle aree protette.
C’è da dire che il sistema agroalimentare europeo, a partire dagli anni Ottanta, è stato regolato in modo tale, da indurre gli operatori del settore primario a sottrarre parte dei loro terreni agricoli alla produzione alimentare.
Le eccedenze produttive prima, gli obblighi assunti in sede di WTO poi, hanno comportato che il legislatore europeo sia intervenuto più volte sulla politica agricola comunitaria, al fine di indirizzarla maggiormente verso traguardi e scopi differenti dalla food security, segnando il passaggio verso l'aspetto della salubrità dei prodotti agricoli, nell'accezione di food safety.
Al centro della rivalità tra produzione alimentare ed energetica si pone, quindi, l'utilizzo della terra, un problema che necessita di opportuni contemperamenti e che vede schierati interessi contrapposti: da un lato, la produzione di energia e l'iniziativa economica dell'imprenditore agricolo, dall'altro, la sovranità alimentare ed il diritto al cibo.
Il dibattito si incentra soprattutto a livello europeo e internazionale, sulle ricadute della produzione agroenergetica nella lotta all'insicurezza alimentare, e con la discussione del modello stesso di agricoltura che si è andato incentivando e promuovendo negli ultimi anni.
L'espansione delle agroenergie finisce per incidere, direttamente o indirettamente, sulla food security non potendo, quindi, lasciare indifferenti non solo gli operatori giuridici, ma anche istituzioni e organi pubblici europei e nazionali, nonché tutte le componenti della realtà socio-economica.
Lo sviluppo incontrollato della destinazione delle terre agricole alle coltivazioni energetiche e all'insediamento degli impianti per le energie rinnovabili se, da un lato, ha comportato un rischio tendenziale di riduzione dell'autoapprovvigionamento alimentare entro i confini dell'Unione, dall'altro, ha determinato un impatto negativo reale per i paesi terzi, accrescendo l'insicurezza alimentare dentro i confini extraeuropei.
Emergono, quindi, molteplici spunti di riflessione e interrogativi per l'operatore giuridico, in riferimento a quali e quanti siano i limiti al coinvolgimento del settore primario nell'ottenimento delle agroenergie, a quali accorgimenti occorra adottare nell'ambito dell'agricoltura che produce alimenti ed energia, ed infine prospettare un bilanciamento tra gli interessi pubblici sottesi alle diverse funzioni demandate all'agricoltura.
La rassegna del percorso si caratterizza in ragione della trasversalità della materia in oggetto e per l'intrecciarsi delle esigenze energetiche con quelle alimentari e del relativo inquadramento giuridico, che per certi aspetti si caratterizza per la frammentarietà, mentre per altri, rappresenta l'organicità di un macrosistema.
Nell'analisi delle relazioni tra diritto delle agroenergie e legislazione speciale agraria con le conseguenti difficoltà di coordinamento, nonché tra agroenergie e right to food si individuano le potenziali cause che hanno determinato la riemersione della food security in Europa.
Dopo il Trattato di Lisbona, il legislatore europeo ha concentrato la sua attenzione sulla necessità di garantire la sicurezza energetica dell’Unione, incentivando la promozione e lo sviluppo di fonti di energie alternative in cui l'agricoltura rappresenterebbe il “settore chiave” per due ordini di motivi.
Le agroenergie, infatti, sono valutate come fonte di energia alternativa in grado di garantire allo stesso tempo la massima sicurezza energetica e un impatto ambientale meno invasivo.
Tuttavia il settore emergente delle agroenergie, così accattivante agli occhi di operatori economici ed imprenditori agricoli, per la possibilità di diversificare la produzione ma anche per l'evidente
vantaggio remunerativo, inizia a manifestare dei problematici risvolti negativi.
Le politiche incentivanti, unite alla scarsa lungimiranza con cui il legislatore europeo ha definito i contenuti della riforma di medio termine, hanno inevitabilmente causato una notevole riduzione delle commodities alimentari. Conseguentemente le colture energetiche sono state messe sotto accusa.
Occorre riequilibrare le esigenze connesse alla funzione essenziale dell’agricoltura ovvero quella di produrre cibo per l’umanità, attraverso i canoni della sicurezza e della sostenibilità.
Nel ripercorrere le tappe dell'evoluzione della legislazione europea nella riscoperta del ruolo assegnato al settore agricolo si assiste ad un'inversione di tendenza, verso un rinnovato interesse per la funzione produttiva dell'agricoltura.
Il contesto in cui la nuova Pac si inserisce appare, infatti, dialmetralmente opposto rispetto a quello che aveva promosso la Riforma di metà periodo, fortemente ispirata dalle istanze ambientali e che ha portato allo svilimento della finalità produttiva dell’agricoltura.
Attraverso il termine “razionale” di cui all'art.39 Tfue, occorre riqualificare il modus operandi da adottare all’interno della Pac in riferimento alla produzione agricola.E’ proprio sul concetto di razionalità che il legislatore europeo dovrebbe convergere verso una politica conciliante della produzione agroalimentare, della produzione agroenergetica e dello sviluppo sostenibile.
In particolare, seguendo il canone della sostenibilità alimentare, a livello sia europeo sia nazionale, sarebbe auspicabile promuovere la produzione di quelle agroenergie veramente “sostenibili” ossia di quelle attività che non comportano la sottrazione dei terreni alle coltivazioni alimentari come, ad esempio, l’impiego della sola biomassa agricola.
Sotto altro profilo, sarebbe opportuno aumentare il livello di tutela dei terreni agricoli attraverso l’adozione di misure di programmazione della produzione ed escludendo o, quanto meno, riducendo gli spazi delle zone agricole destinate all’ubicazione degli impianti. Infine, un aiuto può arrivare dall’ingegneria genetica con l’impiego di biofuels intelligenti che possono contribuire alla riduzione del consumo dei terreni agricoli.
Tali considerazioni riemergono in parte nella nuova PAC che cerca, quindi, un punto di equilibrio fra la necessità di consentire al settore primario di produrre anche allo scopo di diversificare le fonti di approvvigionamento di energia e il bisogno imprescindibile che l’agricoltura sia indirizzata, innanzitutto, al soddisfacimento del fabbisogno alimentare.
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