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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02022010-152214


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
MANCINI, BIANCA MARIA
URN
etd-02022010-152214
Titolo
Utilizzo del tromboelastografo per la valutazione del rischio tromboembolico nel paziente obeso sottoposto a chirurgia bariatrica
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Dott. Forfori, Francesco
relatore Prof. Giunta, Francesco
Parole chiave
  • TEG
  • obesità
  • ipercoagulabilità
  • rischio tromboembolico
  • chirurgia bariatrica
Data inizio appello
23/02/2010
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
23/02/2050
Riassunto
Le turbe emocoagulative costituiscono uno dei maggiori fattori di rischio per la sopravvivenza del paziente critico; ai comuni test di laboratorio a disposizione, quali PT, aPTT, fibrinogeno, D-dimero, AT III, conta piastrinica, abitualmente utilizzati per definire il profilo emocoagulativo, si è utilmente aggiunta la tromboelastografia.
L’indagine tromboelastografica è una metodica di valutazione delle capacità viscoelastiche del coagulo ematico, dalla sua formazione alla sua lisi, introdotta per la prima volta da Hartert, ad Heidelberg, in Germania, durante la Seconda Guerra Mondiale (1948) ma che entrò nella pratica clinica solo 25 anni più tardi ad opera di Kang a Pittsburgh, negli States. Le prime applicazioni della tromboelastografia avvennero nell’ambito della chirurgia addominale maggiore (trapianti di fegato in primis) e della cardiochirurgia. Entrambi questi tipi di interventi sono infatti caratterizzati da una coagulopatia associata alla patologia di base ma anche iatrogenicamente indotta, che aggrava le perdite ematiche.
Progressivamente abbandonata, per la scarsa riproducibilità della metodica e per il lungo tempo necessario all’analisi del campione, la tromboelastografia ha gradualmente riguadagnato campo in seguito all’evoluzione tecnologica del tromboelastografo e all’introduzione di un convertitore analogico in grado di tradurre il segnale elettromeccanico in un segnale elaborabile da un software, in modo da ridurre i tempi sia di esecuzione che di lettura del grafico e migliorandone la riproducibilità. Il tromboelastografo è stato modificato anche nelle sue dimensioni e, già da tempo, ha assunto il significato di “bedside monitor” nella routine clinica dei trapianti di fegato ed in cardiochirurgia.
Nel corso degli anni, le indicazioni cliniche all’uso della tromboelastografia si sono ampliate ad altre chirurgie, quali quella addominale maggiore, quella vascolare, quella urologica, quella ostetrica ed alla neurochirurgia e alla traumatologia ortopedica. Tutte le specialità chirurgiche descritte possono causare massive perdite ematiche legate al’atto chirurgico, dove la trasfusione di emocomponenti scevra da rischi di natura infettiva ed immunologica e l’obiettivo del clinico deve essere quello di ottimizzare e minimizzare l’uso degli emocomponenti. In questo senso il TEG consente un’analisi qualitativa e dinamica di quello che avviene nel processo coagulativo specifico, dalla formazione del coagulo alla lisi, evidenziando le specifiche alterazioni di ogni singola fase dell’intero processo e guidando alla terapia in modo mirato. Con questa metodica è possibile discriminare anche se il sanguinamento è dovuto ad una mancata emostasi chirurgica, ad una disfunzione piastrinica, ad anomalie delle proteasi della coagulazione o dei loro inibitori, oppure è associato ad un’eccessiva precoce fibrinolisi.
I vantaggi teorici del TEG risiedono nella facilità di esecuzione dell’esame e nella celerità della lettura (circa 20 min.) dei risultati ottenuti.
La pratica clinica del TEG negli ultimi dieci anni ha messo in evidenza le potenzialità dello strumento: si è rivelato infatti capace non solo di evidenziare situazioni di ipocoagulabilità, ma altresì stati di ipercoagulabilità legati a variazioni significative dei suoi indicatori quali r corto, MA ed α-angle aumentati. Questi parametri sono stati evidenziati infatti in una varietà di gruppi di pazienti considerati al alto rischio di eventi trombo embolici come ad esempio pazienti gravide, nel post-partum, in pazienti con cirrosi biliare primitiva, in pazienti con colangiti sclerosanti primitive, in pazienti tumorali, in pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale maggiore e nei pazienti obesi.
Il nostro studio si propone di valutare l’eventuale utilità del tromboelastogramma come indagine atta alla predizione del rischio tromboembolico nel paziente obeso sottoposto a chirurgia bariatrica, appartenente, per le proprie caratteristiche, al gruppo dei pazienti ad alto rischio, rispetto ai normali test della
coagulazione, in modo tale da prevenire e/o trattare l’evento ancor prima che questo si renda manifesto sotto il profilo clinico.
Dall’osservazione dei nostri dati emerge come il campione esaminato presenti valori MA tendenzialmente ai limiti alti della norma (valore normale:51-69) in tutti i prelievi e, dalla media dei risultati nelle varie giornate di osservazione, si evidenzia un trend in salita dello stesso parametro, con livelli massimi raggiunti in terza giornata post-operatoria (POD 3).
Questi risultati concordano con quanto emerso da uno studio condotto da Elisabeth Mahla, pubblicato nel 2001 su International Anesthesia Reserch Society, che valuta il ruolo dei parametri tromboelastografici nel monitoraggio degli stati di ipercoagulabilità conseguenti ad interventi di chirurgia addominale maggiore. Tale studio partiva, infatti, dalla evidenza, emersa in letteratura, che gli interventi chirurgici, ed in particolare, quelli di chirurgia addominale maggiore, siano in grado di incidere sull’assetto emocoagulativo in senso ipercoagulatorio attraverso la liberazione, a seguito di un trauma chirurgico esteso, di proteine pro coagulanti da un lato e la concomitante riduzione dei fattori anticoagulanti e della fibrinolisi, dall’altro. Lo studio della dottoressa Mahla consisteva nella esecuzione di ben 7 valutazioni tromboelastografiche (basale, POD 00, POD 06h, POD 1, POD 2, POD 3, POD 7) per ciascuno dei pazienti inclusi nello studio, sottoposti a chirurgia addominale maggiore. Dai dati raccolti emergeva una tendenza al progressivo incremento post-operatorio, statisticamente significativo, del parametro MA fino al POD 7, con livelli significativamente elevati già in POD 3.
Dall’analisi del nostro studio possiamo concludere che:
• l’analisi TEG è in grado di rilevare stati di ipercoagulabilità come emerge da studi precedenti;
• abbiamo evidenziato in maniera statisticamente significativa tramite TEG la tendenza verso uno stato trombofilico dei pazienti obesi;
• l’analisi TEG sembra evidenziare stati d’ipercoagulabilità in tempi più rapidi ed in modo statisticamente significativo rispetto ad i normali test della coagulazione;
• dall’analisi dei dati è emerso un’ipotetico cut-off (MA 65 all’analisi TEG basale preoperatoria) che potrebbe rappresentare un indice predittivo di rischio trombo embolico nei pazienti sottoposti ad intervento di chirurgia bariatrica indipendente dal sesso, età, peso o BMI;
• la terapia eparinica somministrata al gruppo B sembra essere meno efficace o insufficiente rispetto al gruppo A.
Vanno chiaramente presi in considerazione i limiti del nostro studio quali:
• il numero limitato dei pazienti presi in esame;
• il mancato riscontro di eventi tromboembolici post operatori durante il periodo di osservazione; interessante sarebbe conoscere se eventuali episodi trombo embolici post operatori successivi al periodo esaminato ricadono proprio nel gruppo B, cioè quello che presenta all’analisi basale un MA 65;
• La necessità di utilizzare per problemi tecnici reagenti quali citrato attivato su sangue intero nativo che possono aver inficiato sulla sensibilità del test. (per questo motivo abbiamo dato relativa importanza al valore r-time e Angle alfa dell’analisi TEG).
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