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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01172019-100656


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TROIA, MARIA CHIARA
URN
etd-01172019-100656
Titolo
Tra sacro e profano: l'iconografia della cortigiana nel Rinascimento veneziano
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
  • Rinascimento veneziano
  • iconografia della cortigiana
  • cortigiana veneziana
Data inizio appello
04/02/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
La presente ricerca ha per oggetto lo studio dell’iconografia delle cortigiane veneziane nel periodo rinascimentale, e più precisamente il loro legame con alcuni miti dell’antichità.
Nella Venezia cinquecentesca il termine cortigiana era seguito dall’aggettivo “onesta” non solo per distinguerla dalla comune meretrice (dal latino merēre che significa guadagnare: la donna che trae guadagno mercificando il proprio corpo) ma anche per indicare una donna di raffinata educazione e qualità intellettuali che concedeva i propri favori in un rapporto di reciproco rispetto e stima. Queste donne venivano istruite nelle arti, sapevano suonare e cantare e alcune di loro praticavano l’arte poetica: per queste ragioni la cortigiana è tra i primi esempi di donna moderna.
Alcuni tra gli studiosi hanno visto nella cortigiana rinascimentale una donna indipendente economicamente e intellettualmente, tra le prime ad aver raggiunto un tale merito.
I primi passi verso una codificazione dell’identità sociale femminile sono rintracciabili proprio nel Rinascimento. È nel Cinquecento infatti che viene dato rilievo all’istruzione formale dei propri figli, permettendo anche una modesta espansione dell’alfabetizzazione femminile. Di fatto, nelle case nobiliari le figlie potevano condividere i precettori con i fratelli e avevano persino accesso ad una biblioteca per la propria formazione letteraria, mentre per quanto riguarda i ceti sociali di rango inferiore le figlie venivano educate in convento. La donna non viene più vista solo come figlia, sposa, madre o monaca ma anche come lavoratrice, religiosa mistica e visionaria e come cortigiana, abile nelle arti, nelle lettere e nello spettacolo. La cortigiana, il più delle volte, veniva formata nella professione da un apprendistato informale che, nella maggior parte dei casi, iniziava all’età di tredici anni. Una volta anziana la cortigiana poteva a sua volta istruire la figlia e non solo la madre poteva avere interesse per i profitti dell’attività della successiva cortigiana ma anche il padre, i fratelli e gli zii.
Nell’avviare tale carriera la giovane, oltre a saper cantare, suonare e danzare, doveva possedere abiti raffinati e permettersi di pagare l’affitto di un adeguato alloggio.
Per ottenere tutto ciò era necessario che la donna trovasse una sorta di protettore o che si affidasse a un’altra donna già avviata nella professione, la quale poteva persino chiedere alla nuova cortigiana una parte del suo profitto.
La possibilità di avere un potente protettore era vantaggioso per entrambi: da un lato assicurava alla cortigiana benessere, notorietà e gioielli e dall’altro il protettore ne traeva a sua volta prestigio dato che la cortigiana era un vero e proprio status symbol.
Per il protettore far circolare la sua favorita per la città sulla propria carrozza, identificabile dallo stemma araldico, significava potersi permettere di mantenerla, un altro indice di una vita agiata. Nel contesto veneziano sia sociale che culturale queste cortigiane “oneste” avevano conquistato una dimensione rilevante sia in ambito letterario che in quello artistico. A Venezia si diffuse il ricco filone della letteratura detta “alla bulesca”: furono composte canzoni, poemetti e commediole che facevano emergere per lo più un’immagine della cortigiana ossessionata dal denaro, avida e furba nella sua arte di svuotare le tasche degli uomini. Per quanto riguarda invece il filone prettamente artistico, esse potevano farsi ritrarre in scene mitologiche, celandosi nelle figure di Venere, Diana, Flora oppure farsi ritrarre come delle nobildonne, mostrandosi in abiti eleganti e pregiati, con un filo di perle intorno al collo (nonostante fosse loro vietato, come vedremo nel primo capitolo) e distinte da un fazzoletto o una sciarpa gialla, attributo simbolico dell’appartenenza alla professione di prostituta e solitamente a seno scoperto.
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