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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-01142014-164328


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
AQUILINO, LIDIA
URN
etd-01142014-164328
Titolo
GLI AIUTI LEGATI E LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Calamia, Antonio Marcello
Parole chiave
  • aiuti legati
  • legatura
  • cooperazione internazionale allo sviluppo
Data inizio appello
05/02/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente studio si propone di ricostruire il processo evolutivo della cooperazione internazionale allo sviluppo e il ruolo assunto, in tale ambito, dagli aiuti legati allo sviluppo. Gli aiuti legati - come noto - costituiscono i fondi che i Paesi avanzati, inclusa l’Italia, destinano alla cooperazione allo sviluppo, e la cui allocazione avviene attraverso gare di appalto riservate ad imprese nazionali e a prodotti di origine nazionale. Il rapporto tra tali aiuti legati e la cooperazione allo sviluppo, non ancora debitamente esplorato dalla dottrina, merita un particolare interesse, giacché, nell’attuale situazione di crisi economica generalizzata, tanto gli aiuti legati quanto la cooperazione allo sviluppo possono indurre gli Stati a porre in essere condotte che si allontanano dalla ratio legis originaria, posta a fondamento di tali istituti. Un motivo aggiuntivo di interesse potrebbe, inoltre, risultare dalla difficoltà di conciliare tali strumenti di diritto internazionale, apparentemente contraddittori: infatti, il divieto - imposto dall’Unione Europea agli Stati membri - di erogare alcune tipologie di aiuti di Stato può apparire in contrasto con la disciplina normativa di diritto internazionale prodottasi al fine di incentivare alcune di forme di aiuto allo sviluppo. La metodologia adottata nella presente trattazione permetterà, dunque, in primo luogo, di ripercorrere le tappe maggiormente significative nell’evoluzione giuridica della cooperazione internazionale allo sviluppo: partendo dal significato originario di “diritto allo sviluppo”, proseguendo dunque con l’analisi dei singoli accordi che hanno cercato di dettare una disciplina in materia , fino ad arrivare alla elaborazione di propositi futuri. Il primo capitolo avrà così ad oggetto l’individuazione, sul piano giuridico internazionale ed europeo, degli aiuti legati e delle finalità che la Comunità Economica Internazionale si prefigge, con particolare riguardo alla promozione dello sviluppo e alla liberalizzazione degli scambi commerciali. Sul piano giuridico internazionale, le Nazioni Unite definiscono l'aiuto allo sviluppo non come “la conseguenza di un obbligo internazionale”, ma – piuttosto - come “il risultato di un discrezionale impegno morale o al massimo politico”. La Dichiarazione dell'Assemblea Generale sul diritto allo sviluppo, adottata nel 1986, all’art. 4 stabilisce infatti che: “Gli Stati hanno il dovere di adottare, separatamente e congiuntamente, misure per formulare politiche internazionali di sviluppo allo scopo di promuovere la piena realizzazione del diritto allo sviluppo e indispensabile un'azione sostenuta per garantire un più rapido sviluppo dei Paesi emergenti, ad integrazione degli sforzi compiuti dai Paesi emergenti è essenziale garantire un'assistenza internazionale che offra a questi Paesi i mezzi per promuovere uno sviluppo globale”. La disposizione chiarisce che la cooperazione internazionale allo sviluppo è uno strumento complementare alle politiche attuate a livello interno dei PVS; inoltre, i Paesi avanzati - che liberamente decidono di attuare una politica di assistenza - sono tenuti ad adottare strumenti efficaci al fine di fornire ai Paesi beneficiari mezzi e strutture per ingenerare, in loco, processi di sviluppo propri, in modo da eliminare qualsiasi dipendenza da aiuti esterni. Sul piano del diritto dell’Unione Europea, poi, è opportuno inquadrare gli aiuti legati alla luce della disciplina UE sugli aiuti di Stato, chiedendosi se, dal punto di vista del diritto dell’UE, gli aiuti legati non possono essere assimilati agli aiuti di Stato vietati ex art. 107 TFUE. L’analisi delle origini della cooperazione allo sviluppo nelle relazioni internazionali non può, tuttavia, prescindere dallo studio della natura e dei fondamenti della cooperazione allo sviluppo. A tal fine, una riflessione è stata dedicata anche al concetto di cooperazione allo sviluppo e ai principali attori internazionali, governativi e non, che operano in tale ambito, così come alle varie istituzioni rilevanti in materia. Queste ultime, in particolare, nate a seguito della seconda guerra mondiale, sono state influenzate, da un lato, dai processi di globalizzazione e di liberalizzazione degli scambi, e, dall’altro, dal passaggio dal GATT al WTO. Nel multiforme e articolato insieme di strumenti internazionali volti a stimolare lo sviluppo emerge la disciplina giuridica degli scambi commerciali prodotta dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), foro negoziale di un complesso sistema di accordi in materia di scambio di merci e di servizi, ed ente gestore di problematiche correlate al commercio. Il GATT, nella sua versione iniziale, non teneva conto delle differenze di sviluppo tra Stati membri, in quanto doveva essere inserito in un contesto di più ampio respiro, costituito dalla Carta dell’Avana. Questa rappresentava, infatti, un disegno compiuto e completo dei rapporti economici internazionali: a tal fine, istituiva un quadro normativo volto a realizzare un sistema più equilibrato tra gli Stati membri e i soggetti economici coinvolti. Solo successivamente, quando risultò evidente che il GATT sarebbe stato l’unico strumento operativo di cooperazione economica commerciale multilaterale, e in presenza di una situazione mutata anche sul piano delle relazioni internazionali, si elaborarono le norme del trattato speciale e differenziato. Il passaggio dal sistema GATT 47 all’OMC è segnato dagli Accordi di Marrakech del 15 aprile 1994, durante l’Uruguay Round, l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha trasformato il precedente Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (General Agreement on Tariffs and Trade - GATT), del 1947, in un’organizzazione internazionale dotata di personalità giuridica. Successivamente, questo studio, dedicherà una particolare attenzione all’incidenza dell’Accordo di Cotonou nella politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo, dove la cooperazione internazionale allo sviluppo è stata oggetto di numerose analisi e interpretazioni di carattere politico, economico e sociologico, che hanno contribuito a individuarne le principali caratteristiche, gli obiettivi e i protagonisti. In questo capitolo si è cercato di individuare il momento più difficile dello sviluppo di questo processo che ha portato all'attuale politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo, ben rappresentata dall’evoluzione delle relazioni tra la Comunità Europea ed i Paesi dell'Africa, dei Caraibi, del Pacifico (Paesi ACP), regolate dalla Convenzione di Lomé. La cooperazione tra l’Unione Europea e i Paesi Africani è iniziata con la firma del Trattato di Roma con cui nasceva la Comunità Economica Europea (CEE). Nella sua quarta parte il Trattato prevedeva la creazione di un Fondo europeo per lo sviluppo (Fed) mirante a fornire un aiuto tecnico e finanziario ai Paesi Africani che erano ancora colonie. La Convenzione di Lomé I ha esteso il programma di cooperazione ad alcuni Paesi non africani, nasce l’acronimo Acp (Africa, Carabi, Pacifico). Questa convenzione istituisce il sistema delle quote preferenziali, il regime Stabex, per finanziare le perdite sui prodotti agricoli derivanti dalle fluttuazioni dei mercati, la convenzione di Lomé II istituisce il regime Sysmin per finanziare le perdite sui prodotti minerari derivanti dalle fluttuazioni dei mercati la convenzione di Lomé III questa convenzione modifica l’orientamento degli aiuti, abbandonando la promozione dello sviluppo industriale per lo sviluppo autonomo, fondato sulla autosufficienza e sicurezza alimentare. La Convenzione di Lomé IV è stata la prima Convenzione di durata decennale con una revisione intermedia, per la prima volta il rispetto dei diritti dell’uomo, dei principi democratici e dello stato di diritto diventano elementi essenziali della Convenzione. L’accordo di Cotonou fu preceduto da un ampio dibattito critico sui risultati di venticinque anni di cooperazione (il Libro Verde), firmato da 71 Paesi Acp per la durata di venti anni. Viene introdotto un nuovo approccio alla cooperazione con riguardo: al contesto istituzionale e politico nel Paese partner, alla partecipazione della società civile ed alle strategie di sviluppo mirate alla riduzione della povertà. L'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi, del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 è pubblicato sulla GUCE n. L 317 del 15 dicembre 2000 (sulla Gazzetta sono state pubblicate le decisioni per l'applicazione provvisoria). In base all’art. 93,3 l'Accordo è entrato in vigore 1° aprile del 2003 dopo il deposito del l'ultimo strumento di ratifica e di approvazione. I principi fondamentali sanciti a Cotonou erano: l'eliminazione della povertà, lo sviluppo sostenibile e la graduale integrazione dei Paesi ACP nell'economia mondiale. L’ultimo capitolo di questo studio si concentra sulla delibera, della III Commissione (Affari esteri e comunitari) nella seduta del 30 settembre 2008, sullo svolgimento dell'indagine conoscitiva degli obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite adottati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2000, come impegni per la comunità internazionale ai quali improntare l'azione di cooperazione internazionale. Il 18/9/2012 si è svolta la sessantasettesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite inizia il 18 settembre 2012 presso la sede delle Nazioni Unite a New York, relativa agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, la quale ha valutato l’esito della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile, che si è tenuta in Brasile nel giugno 2012. Inoltre l'Assemblea svolgerà le attività di preparazione in vista di due incontri di alto livello programmati nel corso della sessantottesima sessione, che si è svolta il 4 giugno del 2013: un dialogo sullo sviluppo e sulle migrazioni internazionali, e un incontro sul tema “Il cammino che abbiamo davanti: un'agenda per lo sviluppo che sia comprensiva delle disabilità in vista del 2015 e oltre”. La Dichiarazione del Millennio, approvata nel 2000 da 186 Capi di Stato e di Governo nel corso della Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fissa l'obiettivo del dimezzamento della povertà entro il 2015 e l’articola in otto finalità: Obiettivo n. 1 sradicare la povertà estrema e la fame: Obiettivo n. 2 garantire l'educazione primaria universale; Obiettivo n. 3 promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne; Obiettivo n. 4 ridurre la mortalità infantile; Obiettivo n. 5 migliorare la salute materna; Obiettivo n. 6 combattere l'HIV/AIDS; Obiettivo n. 7 garantire la sostenibilità ambientale; Obiettivo n. 8 sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo . La Commissione era determinata nel procedere in una duplice direzione: l'istituzione di un Comitato permanente ad hoc e allo svolgimento di un'indagine conoscitiva sui temi degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ha inteso, in questo modo, esprimere un'attenzione rafforzata sulle questioni attinenti la tematica della cooperazione allo sviluppo.
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