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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-01082011-200622


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
MARTINI, ILARIA
URN
etd-01082011-200622
Titolo
I Macabri di Vincenzo Bonomini: Bios e Thanatos in un pittore neoclassico
Dipartimento
INTERFACOLTA'
Corso di studi
STORIA DELL'ARTE
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
  • bergamo
  • danza macabra
  • macabri
Data inizio appello
14/02/2011
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il mio “incontro” con Bonomini avviene per la prima volta a centinaia di chilometri di distanza rispetto al luogo di nascita e di sviluppo di quest’artista, la cui fama è legata sostanzialmente a sei tele, tutt’oggi conservate nella chiesa di Santa Grata inter Vites, quella della borgata cui rimarrà per sempre “fedele” il nostro pittore; a Roma, dal 29 febbraio al 10 giugno 2008, alle Scuderie del Quirinale era di scena una bellissima mostra intitolata Ottocento: da Canova al Quarto Stato, e in una delle prime sale mi imbattei in tre tele che letteralmente mi spiazzarono: si trattava di scene di scheletri viventi, un Tamburino della Guardia Nazionale , una coppia di Sposi borghesi a passeggio e un Pittore che raffigura la Morte, di mano di Vincenzo Bonomini, parti di un ciclo comprendente altrettanti soggetti caratterizzati anch’essi dall’aspetto scheletrico.
Rimasi molto colpita da queste opere, e non conoscendo assolutamente questo irriverente artista, decisi di documentarmi di ritorno da Roma, cosa che, prevedibilmente, passò in secondo piano rispetto agli impegni universitari.
La fortuna, o il caso, vollero che a quasi due anni di distanza mi trovassi di nuovo di fronte a questo artista, proprio a Bergamo, nella sua città natale, spinta da quella voglia che ogni studente di storia dell’arte ha di entrare in ogni chiesa che si trova di fronte quando visita una città per la prima volta; lo riconobbi, e da lì nacque l’idea di approfondire questo artista così poco conosciuto oltre i confini orobici.
Pur non volendo scrivere una monografia – su Bonomini sono stati realizzati studi specifici anche se pochi e ormai datati - era necessario partire con la trattazione affrontando per l’appunto la vita dell’artista: il primo capitolo si apre con la descrizione della vita del pittore, con l’esposizione di quella che era la sua realtà all’interno del quartiere di Borgo Canale e degli stravolgimenti, politici e personali, di cui è stato testimone nel corso della sua longeva esistenza. Seguono due paragrafi nei quali è stato necessario condensare l’opera pittorica e grafica del Bonomini; cercando di mantenere l’assioma imposto in partenza sul fatto di non scrivere una monografia, sono state presentate ai lettori quelle opere che meglio erano in grado di descrivere il pittore, scelta che in certi casi è stata anche sfortunatamente dettata dalla presenza delle opere in contesti non pubblici, e che ha costretto chi scrive ad “inseguire” e tartassare privati cittadini al fine di farsi strada, e poter così osservare i mirabili affreschi all’interno delle private magioni.
Il secondo capitolo si apre con un piccolo e doveroso excursus sulla chiesa che ha “ispirato” l’artista per la realizzazione dei suoi Macabri, Santa Grata inter Vites, situata a poche centinaia di metri dalla casa natale del pittore, e prosegue con la descrizione delle tele per le quali giustamente è divenuto famoso, non solo perché altamente significative e quasi prive di precedenti immediati, ma anche perché le uniche opere che possono essere esposte in contesti espositivi museali.
Il terzo capitolo sembra in una qualche maniera sviare dal filo conduttore della tesi: un primo paragrafo che, lungi dall’essere esaustivo, presenta la mentalità e gli atteggiamenti che si avevano di fronte alla Morte, i quali cambiarono radicalmente nel corso dei secoli; perché di morte si dovrà parlare, e anche parecchio, perché se Bonomini è famoso per i Macabri, che ci presentano scheletri nell’atto di comportarsi da vivi, non lo è per tutti quegli affreschi da lui realizzati nell’hinterland bergamasco che invece raffigurano la vita.
Una piccola definizione della parola “macabro” precede una disamina su quelli che sono sempre stati visti come gli antecedenti storici delle tele di Bonomini, quei grandi temi macabri - in Italia in realtà poco presenti rispetto all’area franco-germanica - che a partire dal XIII secolo, come L’Incontro dei tre vivi e dei tre morti, i Trionfi della Morte e le Danze macabre, la Chiesa utilizza per infiammare e al tempo stesso indottrinare i devoti cristiani. Perché i Macabri, al di là dell’iconografia dissacrante ed irriverente, erano - e sono - a tutti gli effetti un apparato liturgico, utilizzato nelle festività religiose a suffragio dei morti. È parso inoltre doveroso spingersi ad indagare, seppur non in maniera capillare, anche il tema vastissimo della Vanitas, al fine di ricercare somiglianze iconografiche o almeno concettuali.
Infine l’ultimo paragrafo indaga quella che è risultata essere, attraverso le testimonianze che ancora sono presenti all’interno delle parrocchiali bergamasche, una tradizione locale consolidata: quella degli apparati macabri esposti per il triduo dei morti e per l’ottavario di novembre, che giustificano una così forte presenza nel territorio di realizzazioni macabre.
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